Di Mario

Di Mario, ci si ricorda a mala pena il nome. La sua barba è una macchia nera e bianca che oscilla nelle notti, lì al bar. Ha sempre da fare il buon Mario, e sono 30 anni che lo vedo senza sapere in effetti cosa; ma questo non importa, perché di Mario non si sa il cognome, a mala pena si pronuncia il nome lì al bar. La cosa che più mi colpisce di Mario è la sua mezza gobba, una curva pendula sulla spalla destra e il suo enorme naso. Un Black and Decker con narici, nere, profonde e lunghe con tanti e tanti peletti. L’ho visto l’ultima volta al baretto, spulciava seduto di fronte al suo aperitivo qualche nocciolina. E’ sempre solo Mario, perché lui ha solo un nome e si pronuncia appena appena. Si dice che un tempo avesse una moglie, e che lei a un certo punto si fosse stancata di avere a fianco a sé un uomo di cui non ci si ricorda, un uomo che passa e saluta e va via, come il vento in primavera. Mario da allora non si è più sposato e vive in una roulotte, fuori in periferia. La notte beve e guarda la televisione, qualche volta forse piange, Mario. Da qualche settimana non si vede più, e trovo strano come spesso le immagini o le persone che non conosci, ti restino incollate addosso, segnando involontariamente i passi della tua vita.

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