Difendere la stirpe europea non è reato!

C’è un muro davanti al quale passo tutti i giorni da quando vado all’Università. Su questo muro grigio, un muro qualsiasi, c’è scritto “DIFENDERE LA STIRPE EUROPEA NON è REATO! LIBERI DI ESISTERE E DI PENSARE”. Qualcuno ha pensato di modificare la scritta, con una bomboletta rossa. Non so se ci sia riuscito sul momento, ma oggi la scritta originale è l’unica leggibile. Non so se sia stata la mano di un singolo o di un gruppetto, magari di qualche gruppo organizzato, perché non mi sembra di aver visto simboli, ci passo davanti con il pullman e la vedo solo per qualche secondo, giusto il tempo di leggerla un’altra volta per completo. Sinceramente non credo sia importante conoscerne l’origine. Quello che è rilevante è l’esistenza di quella scritta. Non son se l’intenzione fosse quella di spaventare o di mostrare il proprio pensiero. Personalmente credo nell’uguaglianza tra le persone e mi sembrerebbe limitativo definire “stupidi” o “deficienti” gli autori di quelle parole. Molto spesso si fa così, si passa oltre e si cerca di far annegare quelli che non riteniamo alla nostra altezza. Altri invece pretendono di vedere queste persone vergognarsi pubblicamente, oppure vorrebbero vederli soffrire fisicamente. Non credo che queste persone vadano completamente annullate, anche perché la violenza non è mai una risposta giusta, forse sarò troppo buono, ma sono persone e come tali vivono tra noi.
Ognuno ha il proprio pensiero e lo vuole a tutti i costi esprimere ed è giusto così. È giusto così se però quel pensiero non fa del male agli altri. “DIFENDERE LA STIRPE EUROPEA NON è REATO! LIBERI DI ESISTERE E DI PENSARE” è un pensiero che mi fa male e ne fa non solo a me, ma anche agli immigrati con cittadinanza che vorrebbero sentirsi integrati, a quelli che aspettano la cittadinanza per potersi dire italiani, an quelli che, da regolari o irregolari, stanno imparando la lingua . Basterebbe mostrare a queste persone le abitudini di Spagnoli e di Inglesi, per distruggere il concetto di “STIRPE EUROPEA”.
Se accendiamo la televisione, cosa che fanno in molti, tutti i giorni, oltre alle trasmissioni di piccole emittenti private in cui una persona difende gli immigrati e altre sei lo attaccano, questi ultimi coadiuvati dal conduttore, vediamo trattare molto spesso questo tema. È facile fare nomi, ma non ne farò perché credo che sia ben noto a tutti di chi sto parlando. Sostenere tutt’oggi che l’immigrazione sia un qualcosa da fermare all’istante, fare leva con parole come ad esempio INVASIONE o attggiarsi con un finto altruismo, un finto interesse, significa liquidare le singole persone ad essere dei numeri, significa liquidare la disperazione a furbizia, significa sentirsi padroni del mondo. Frasi come “mi spiace ne siano annegati solo 200” sono solo frasi, è vero, ma le frasi sono espressione di pensiero e il pensiero fa la persona, cosa ci sarebbe da dire su un persona che pronuncia una frase del genere?
Siamo arrivati al punto in cui usiamo e vediamo usare la parola “immigrato” come un insulto. Siamo arrivati al punto in cui se sei immigrato, allora stai già pretendendo qualcosa a tutti i costi, a prescindere, la tua presenza è già una richiesta, sembra che tu vada in Italia espressamente per rubare o stuprare o fare qualsiasi tipo di torto tu possa fare agli italiani, così, per divertimento, perché sei un “incivile”, ritenuto tacitamente inferiore.
Se io cado e mi faccio del male e qualcuno si avvicina e cerca di aiutarmi, io mi lascio aiutare. Se io vedo qualcuno cadere e farsi del male mi avvicino e cerco di aiutarlo.
La realtà è che ci si rende ridicoli ad accusare quello più povero di noi, come colpevole della nostra povertà. Non è la signora dell’Ecuador che “toglie lavoro ai nostri figli”. Non è il cingalese che ci vende le rose al parco a “rubarci la pensione”. Non è il senegalese che cerca di venderci i braccialetti della fortuna a “distruggere la nostra cultura”. Non è il bambino cinese a far “rimanere indietro mio figlio”. Un uomo nato in Europa, nella maggior parte dei casi, è padrone delle sue azioni. È così tanto padrone delle sue azioni, da aver lui stesso distrutto culture e tentare tutt’oggi di farlo. È l’italiano che si lamenta dell’incapacità delle altre culture di adeguarsi alla sua, ma è incapace di mangiare solo pollo e riso quando va in vacanza a Cuba. È lo stesso che dice di essere di “cultura cattolica” e si allontana dai barboni “perché puzzano”, dimenticando la parabola che a tutti hanno insegnato, quella del buon samaritano. Il nuovo sport è prendersela con gli immigrati, ma anche suddividerli in immigrati di serie A e immigrati di serie B, Lega Pro e Leghe Dilettantistiche. Se un Indonesiano arriva e compra una squadra di calcio, allora è il benvenuto, perché inserisce capitali esteri nella nostra economia, ma se un altro Indonesiano arriva e cerca dei lavori umili, perché solo quelli può fare, allora sta rubando opportunità di lavoro per gli italiani, sta distruggendo la cultura della pasta con la sua cultura del riso. Giusto ieri ho sentito un esponente politico dire “vorrei che l’Italia non attraesse anch gli immigrati importanti, quelli che portano i soldi”. Le guerre preventive non hanno nessuna logica e non l’hanno mai avuta, anzi, sono quelle che hanno distrutto e non hanno poi costruito nulla, è vero che è “meglio prevenire che curare”, ma qui non c’è una malattia da cui guarire, qui c’è ipocondria.
Se qualcuno mi aiuta ad alzarmi dopo essere caduto ed essermi fatto del male, io lo ringrazio, se ho dei soldi con me gli offro un caffè al bar. Se aiuto qualcuno ad alzarsi dopo la caduta di questo, lui mi ringrazia, magari non mi offre il caffè al bar, ma mi ringrazia. I “grazie” sono una delle ultime salvezze che ci restano, così come le gentilezze gratuite, perché generano del bene. Il benenon torna sempre indietr, a differenza del male, ma bisogna scegliere il seme giusto. Con il male abbiamo la certezza che questo attecchisca quando in giro ci sono solo voci di disperazione. Questo è quello che sta succedendo e sempre più persone si convincono che il vero “male”, il vero “problema” sia l’immigrazione, per paura, perché la paura fa più comodo della fiducia, per rabbia, perché c’è il bisogno di prendersela con qualcuno, perché è con il più debole che si può mostrare di non essere deboli.

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