Io lo so che sei corrosa quanto me
dall’incomprensibile
e da quella gravità comune
Eppure stiri con le dita immaginine
e ti affidi a cuori e fiori
appesi alle mani macilente dei santi
o a un miele disgustoso per dolcezza
che spandi sui dolori
gli stessi che sento affettarmi di punta
tra le righe del costato
e condividi le peggiori parole per farne teatro
le più banali con tutto il rossocuore intorno
sul rosafuffa dello sfondo
Ti sapessi felice io ti crederei
ci crederei che una campana
o la lacrima disegnata sulla rosa di plastica
bastino a riempire la voragine
a schiarire il buio pesto
ma ti vedo -aggrappata ai ricordi
le dita viola che non mollano
e l’oggi
ignoto per senso- che continui a riempire
col vacuo
a volerne credere ancora la sostanza
mentre sublima senza neppure una goccia