Emilio Paolo Taormina / Caffè letterario

La soffitta

Ogni sera un bambino parla alla luna
Ogni sera un cigno selvatico
Porta acqua dal bosco di cera
Tutte le terrazze
Sono gocce dello stesso stagno
Tutte le terrazze hanno gerani
Un gatto randagio sul muro
Sotto la lampada
La tavola è vuota
Le fotografie ingiallite dei nonni
Il discorso è degli uomini assenti
Nell’ armadio di noce sgangherato
Una valanga di vestiti delle zie zitelle
Una rosa di carta dorme annoiata
Gli odori sono in un’urna
Il cucù è fermo alle tre
La spada dell’antica armatura
Chiude in pari la partita col ragno
Sul tappeto verde uno scarafaggio
Punta sicuro sulla donna di picche
*
Scacchiera

Il tramonto e il davanzale.
Nuvole
di seta e di sangue sullo sfondo
disegnano un pentagramma;
in delirio
da sei corde tese
si tuffano
nel silenzio note rosse e bianche:
piove sabbia e corallo.
Sulla scacchiera
tre cavalli di giglio e arancia
volteggiano
la regina d’avorio guarda indolente.
Lontano
in una goccia rosa parte una nave.
*

Di là dal vetro

Sul margine verde
del sogno
mi ha destato
il grido dell’alba
di là dal vetro
come formiche rosse
fioriscono
alberi
di calcestruzzo e di ferro
sullo sfondo ipnotico
(dadi
gettati a caso
in linee asimmetriche)
l’uomo
agita le braccia
fra antenne e pali elettrici
ragno
fra le sue tele
*
Campagna

La frustata dei papaveri desta la luce sul prato:- rosso
ed ocra saettano nel verde elettrico.
Su gli alberi colmi d’acqua e cristallo i frutti rotondi
fischiano nel vento come sirene.
La primavera è morta dentro le foglie.
*

Subacquea

Sotto un cielo d’acqua azzurrissima, c’è un paesaggio di carne
e albicocca;…nella trasparenza di sabbia in movimento intravedo
le praterie e i boschi, la città ondeggiante- è la mia alba.
La ragazza scura dal collo lunghissimo sul prato d’alga coglie
coralli, stelle marine.
L’orologio è altissimo.
Un’isola appena mossa dal vento.
Nel letto profondissimo il corpo è immobile- le correnti
scorrono
rosse come vene in un corpo palpitante.
*

Esco pianissimo

Esco pianissimo
a cogliere
sogni sulla pianura
le stelle purpuree
pendono a grappoli
in caverne di luna
gli alberi meditano
biancori estivi
*

Città vecchia

Di notte
sotto stelle che crepitano
zolfo e papavero
vado per le strade
della vecchia città,
a statue e fontane
manca un blues
per avere un’anima nuova,
uomini
(robot
di misteriose paure)
camminano
come manichini decapitati.
Cosa pensano i muri
dell’antica cattedrale,
sotto i miei passi
le pietre
risuonano di ottone triste.
Il vento rosso
ha
appena
un graffio di zabara,
fruga fra le guglie
che da secoli vogliono
sfondare il cielo.
Cosa sanno del tempo
gli orologi,
le chiome delle palme
sono sorprese di vedere
fuggire
sulla piazza
le loro ombre
cani randagi.
Perchè le cupole
non sono morbidi
seni?
*

Un’agave

Un’agave
segna
il confine della sera
e
il volo nero
radente
di un merlo
squama
la seta
del silenzio.
L’ora
resta imbalsamata
in cerchi
d’immaginazione,
il tempo
sprofonda
nei tonfi del cuore:
vertigini del vuoto
ritmate
dal pulsare
del sangue alle tempie
-ebbrezze di profondità
di alghe
si coagulano
in memorie
quasi di altra vita
-orgasmo dell’ignoto.
Alberi spogli
si bagnano di paura
in un vento
tiepido
la risacca
ha suoni di sabbia,
un mormorio
di lontanissime
moschee.
*
Il gallo canta sul muro

Il gallo canta sul muro
sospira il vento.
In uno spiraglio
abbraccio l’aurora
sfiorato da gelide labbra;
in un corpo immenso
sono goccia d’acqua e mare;
preso, rifiutato
in un diluvio di colori
sono pietra liquida e metallo.
Sulla spiaggia
del giorno
m’inabisso in un mare di luce.
*
(da Da capo, Edizioni Forum/Quinta Generazione, Forlì, 1984)

Emilio Paolo Taormina nasce nel 1938 a Palermo. Alla scrittura, alla quale si dedica fin da giovanissimo, unisce un’intensa attività nel settore discografico: il suo negozio “La Boutique della musica”, nato nel 1962 e ormai entrato nella memoria storica della sua città, rappresenterà per mezzo secolo un importante punto di riferimento per gli appassionati di jazz, blues e rock.

E’ presente in antologie e riviste internazionali. Oltre a Da capo (1984),  tra le sue raccolte poetiche (molte delle quali tradotte in numerose lingue) ricordiamo Il fonografo a colori; Deserti (1973), Inchiostro (2011), La cengia del corvo (2016), Ore piccole (2021). Degno di nota è anche il suo romanzo La stanza sul canale (Palermo, 1974), felice incontro tra dramma psicologico e cultura beat.

Il suo stile letterario è creativo, raffinato, innovativo; eppure, allo stesso tempo, tutto pervaso dalla malinconia profonda che è l’antico dramma esistenziale dell’uomo. Quella di Emilio Paolo Taormina è una poesia di tensione, di desiderio: un desiderio urgente, muto e struggente di interagire con le cose, percepite come lontanissime e proprio per questo immense, gigantesche, irraggiungibili. Lo evidenziano i versi brevi, nudi, fatti spesso di un’unica parola, simili a un movimento improvviso, a dire l’inafferrabilità del reale che appare e poi fugge; e l’uso frequente dei superlativi, a tentare di colmare l’abisso fra l’occhio e l’immagine, fra l’orecchio e il suono, fra i colori semplici e gioiosi della natura e l’alienante freddezza delle città. All’anima non restano che le dolcezze quasi dolorose del ricordo, per riafferrare il proprio senso attraverso un vissuto di sensazioni, oggetti, angoli e profumi. In Taormina questo bagaglio viene trasposto, quasi sublimato, nella dimensione onirica, e diventa quindi ancor più intimo e personale: un rifugio interiore nel quale tutto parla della “sua” Sicilia, quella trasognata dei vicoli caldi e silenziosi, della città che si spopola, dei colori totali, delle tracce odorose di fiori e di frutti, degli sprazzi di luce violenta oltre quel vuoto che ci fagocita e ci perde.

Donatella Pezzino

Immagine: Joaquin Sorolla, Pomeriggio sulla spiaggia di Valencia, 1904.

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