Fine della trasmissione

Capire cosa manca, ecco. Forse allargare il cerchio, sentire le pareti. Trovare l’esatta provenienza:
l’ipotesi cambiava luce, oppure era un colore finito in un altro e poi in un altro ancora.
Finita la parola rimaneva il suono e dopo il suono l’odore, poi l’odore cambiava, colpiva l’umore.
I ragazzi si alzavano dai loro banchi, poggiati alle finestre fumavano, aspettavano, qualcuno filmava da un telefono.
Il Maestro tremava di paura, una mano gli prese la faccia:
-ti sembra un voto, questo?! ti- sembra- un- voto, dimmi!
Orinò nei pantaloni, svenne.
Io presi posto al centro dell’aula, un po’ leggero, inclinato a est. Sentivo il convoglio ma una mano girava le stazioni,
finimmo sul ponte sospesi a raccontarci storie e in una delle storie il treno cadde.
Dalla mia lingua scaturì la notte e al centro della notte un boato. Rimasero frammenti di lamiere, uccelli che andavano bruciando in lontananza. Pregai piangendo: alcuni si fecero da parte.
-Vergogna dei padri e delle madri, vergogna dei figli e vergogna del tempo!
Un coro di corpi riprese la preghiera, essa portava pianto e sperma, e sudore e sangue e conoscenza:
il Maestro riprese la lezione, negli occhi due candele e fui di nuovo nella luce pietosa dei morti che raccontano ai morti
l’indegna fine della trasmissione.

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