Non invidio
il mio piede, dalla calzata facile
purché in marocchino rosso; ma poco male
ora che matroneggio in pepli e veli da disturbo. E vengano pure
la palpebra fumè, le guance al sicuro dietro un muro bianco
di biacca, il rossetto al sangue per i sorrisi anemici
e poi le ciglia, che continuano a morire sul letto
senza difesa; intanto, al posto mio
urlano sempre le stesse croci
tatuate in gola