Sono sdraiato sopra un prato e gli occhi sono nidi
le pareti non esistono e nasco in una nuvola
e cado, ricado, ma sto bene. Non voglio guardare
dietro le scapole com’è la fioritura del loto
sento i suoni che non vorrei sentire, allora,
come una cavità che stringe l’aria, appanno
il vetro della mia clandestinità per disegnare
col dito, il profilo della gabbiamondo
e i cumulonembi la portano via
mentre faccio il girotondo con gli uragani
che mi vivono dentro.