Ascolta,
ho esposto il sangue al solito posto,
sotto il sole cocente, a squamarsi.
Sapeva di inchiostro, di efelidi,
di stracci asciugati al tramonto
e il geco, con lingua salmastra,
dentro, scivolava bluastro
reggendo sulle spalle l’astro furioso.
Era un dramma conclamato il suo cane
che guardava stranito il corpo
di colpo rigido al suolo,
stava tutto intento a soffiare l’umore
sui raggi più scuri. E il canestro che rideva
nell’imbocco del buio,
assorbiva l’assolo del rettile
che aprì le fauci e sputò porzioni
di cielo per cavitare l’anima.