Giovanni Perri su “Trasparenze” di Felice Serino

Poeta prolifico e di lungo corso, Felice Serino compone per accensioni. La sua è una poesia che non dà risposte ma interroga, e chiedendo, sigilla un piccolo mistero musicale. Ecco: per Serino il canto è ciò che di sacro ci accompagna nell’Oltre da cui veniamo, il mezzo per accedere all’inconoscibile che ci sovrasta, il punto azzurro nel cerchio che fa alta la vita.

C’è sempre una luce, un soffio di parole, l’anelito di un angelo guida; e poi c’è un uomo chiuso nella sua carne, e già sollevato oltre sé stesso, nella misericordia del giorno, liberato da ogni gravezza, da ogni impurità.

Per Serino il canto è comunione dei vivi e dei morti, perché questo è il posto dove lui vuole stare, questo il suo interminabile nostos, ed è questo, mi piace aggiungere, il crocevia dell’eterna poesia.

Ma la poesia è guardare con occhi anche l’attimo che accade, anche il male che vi declina, pungerne l’anima oppure tirargli il succo di una più intima verità.

Con un continuo affiorare di lampi onirici egli però intercetta sempre una speranza, rivolta il disincanto in gesto di preghiera, ci proietta in un comune desiderio di salvezza che è anche attraversamento del mistero, un mistero tutto da decifrare per una vita colma di senso.

Nel verso che nasce da una oscura cagione, e per questo si trattiene nella più piccola scaglia di luce, egli ripone il seme più prezioso che ha: la sua parola, il suo terzo occhio.

Con “Trasparenze” 2020/2021 (www.poesieinversi.it), Serino ci accompagna in un cammino di conoscenza, fatto di svelamenti meditati o improvvisi, in cui ognuno è chiamato in causa, perché parte di un tutto. Nel verso quasi imprendibile eppure molto lucido, si tirano le somme di un percorso lirico autentico e degno di ancora molta considerazione per chi lo legge oggi e per chi lo leggerà nel tempo a venire.

 

Giovanni Perri

 

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