Il fuoco invisibile ai pompieri

Con le mani congelate,
concede poca voce
al racconto delle notti
in cui le tre uova si schiusero.
Ora passa nel buio
con una candela,
osservando con attenzione
il cambiare dei volti delle sue sculture,
una scia di musica latina
la insegue, cerca di muoverle le anche
ormai raggelatesi per il clima
a cui si è dovuta abituare.
Aspetta e si passa ancora
le solite due dita di cemento
sulle labbra, tanto per rinfrescarle,
nessuno le aveva insegnato
a sopportare i capricci
dei bambini dalle spalle grosse.
Muove meglio la zampa
quando il sangue scorre libero,
ma le si stacca la pelle
quando rilegge i vecchi capitoli
in cui preferì frustarsi.
Tocca ancora qualche albero,
ma di certo non vede più il fiume enorme
capace di farle venir voglia
di andare a cercare la foce,
tanto per lanciarsi nel mare scuro
vissuto in giovinezza,
abbandonato con lo stesso dolore
riservato al primo grande ago,
lasciandolo deluso nelle sue speranze.
Sbagliando posizione,
le pietre diventano sabbia
nell’innocenza dei secoli.

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