Prendo larga la curva del cortile; e non importa poi se tutto
si riassume in una pagina da accartocciare
fra le mani. L’ubbia mi ricuce. Da una me
in seppia mi arriva il ricordo
di mille soli scomposti
dentro un tubo di cartone. Ero: il rossetto mentiva
l’esanguità delle labbra, e l’anonimato
dei vagoni letto. Le braccia bianche
cullavano narcisi. Dagli occhi
spurgavo acqua e sabbia; per tornare a galla
nonostante i minuti che mi facevano
naufragio
2 Comments
Il ritratto di un io esangue dal quale fuggire in un poetare originale e profondo! complimenti poetessa!
Grazie di cuore Rosanna, un abbraccio 🙂
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