Il Popolo dei Lemuri è più vecchio dell’Homo Sapiens, molto più vecchio. Le sue origini risalgono a centosessanta milioni di anni fa, quando il Madagascar si staccò dal continente africano. Il loro modo di pensare e di sentire è fondamentalmente diverso dal nostro, non orientato verso il tempo, la sequenza, la causalità. I lemuri trovano questi concetti ripugnanti e difficili da capire.
Si può pensare che una specie che non lascia resti fossili sia scomparsa per sempre, ma il Grande Quadro, la storia della vita sulla terra, è sotto gli occhi di tutti. Territori montagnosi e giungle scorrono via, alcune rallentando, altre accelerando, grandi fiumi di terra in movimento o stagnanti in ampi delta, vortici di terra capaci di segar via isole intere, una grande spaccatura, i continenti che si sfregano l’uno contro l’altro, poi si spaccano, si staccano di colpo, si allontanano veloci, sempre più veloci… poi rallentano, ed ecco la grande isola rossa, con i suoi deserti e le sue foreste pluviali, le sue montagne di boscaglie e i suoi laghi, i suoi animali e piante unici, e l’assenza di predatori e rettili velenosi, un vasto rifugio per i lemuri e gli spiriti delicati che li pervadono, lo splendore di pietra preziosa negli occhi di una raganella.
Quando era attaccato al continente africano, il Madagascar sporgeva come un tumore disordinato, percorso da una spaccatura, il contorno dell’isola futura, una lunga spaccatura simile a una grande incisione, alla fessura che divide il corpo umano. La spaccatura era larga un miglio in alcuni punti, in altri si restringeva a un centinaio di metri. Era una zona di cambiamento e di contrasto esplosivi, percorsa da violente tempeste elettriche, incredibilmente fertile in certi punti, completamente sterile in altri.
Il Popolo della Spaccatura, espressione del caos e dell’accelerazione temporale, percorre in un lampo centosessanta milioni di anni fino alla separazione. Da che parte stai? Troppo tardi per cambiare, ora. Separati da una cortina di fuoco. Come un grande bastimento in festa varato con i fuochi artificiali, la grande isola rossa prese maestosamente il largo, lasciando una ferita aperta nel fianco della terra, sanguinando lava e sprizzando gas velenosi. E’ rimasta agli ormeggi in una calma incantata per centosessanta milioni di anni.
Il tempo è un tormento umano: non un’invenzione, ma una prigione. Qual è quindi il significato di centosessanta milioni di anni senza il tempo? E che significato ha il tempo per i lemuri in cerca di cibo? Non ci sono predatori qui, non c’è molto di cui aver paura. Hanno il pollice opponibile ma non fabbricano strumenti; non hanno bisogno di strumenti. Sono indenni dal male che riempie l’Homo Sapiens quando afferra un’arma – ora è lui ad avere il sopravvento. Una terribile sensazione di trionfo viene dalla consapevolezza di essere il più forte.
La bellezza è sempre destinata alla sconfitta.
“I malvagi armati si avvicinano”. L’Homo Sapiens con le sue armi, il suo tempo, il suo appetito insaziabile, e quell’ignoranza così totale che non riesce nemmeno a vedere la propria faccia.
L’uomo è nato nel tempo. Vive e muore nel tempo. Dovunque vada, porta con sé il tempo e lo impone.
( da La febbre del ragno rosso (Ghost of Chance), Milano, Adephi Edizioni, 1996, pp.24-26.)
William S. Burroughs nasce a St. Louis nel 1914. Scrittore, saggista, pittore, è un ispiratore per la Beat Generation e per altri movimenti letterari di successo. Raggiunge la notorietà nel 1953 grazie al suo primo romanzo La scimmia sulla schiena.
Anche se viene spesso citato come autore di fantascienza, esiste nella sua opera una certa eterogeneità: inizialmente, i suoi scritti sono per lo più di ispirazione autobiografica (soprattutto in riferimento alla sua dipendenza dalle droghe); in un secondo momento, vertono più sul romanzo d’avventure, reinterpretato però in senso visionario-metafisico, con la descrizione di scenari dove operano forze occulte, soprattutto provenienti dall’interiorità dell’uomo. Considerato già in vita come uno dei più importanti e geniali scrittori del Novecento, riceve numerosi riconoscimenti. Muore nel 1997.
Burroughs è stato fra gli autori d’avanguardia che maggiormente hanno influenzato la cultura del secondo Novecento, non solo nelle arti narrative ma anche nella musica e nel cinema. La sua produzione annovera romanzi, racconti e saggi. Tra i suoi romanzi più celebri si ricordano E gli ippopotami sono lessati nelle loro vasche (con Jack Kerouac, pubblicato postumo nel 2008), La macchina morbida (1961), Ragazzi selvaggi (1971), La febbre del ragno rosso (1991) e soprattutto Pasto nudo (1959).
Donatella Pezzino
Nell’immagine: William S. Burroughs (foto dal web).