Ilaria Palomba, nata a Bari nel 1987, laureata in Filosofia. Tra le sue pubblicazioni: il romanzo, FATTI MALE (Gaffi 2012), tradotto in tedesco con titolo TU DIR WEH, per la collana Blumenbar della casa editrice Aufbau-Verlag, la raccolta di racconti Violentati (ErosCultura 2013), e due libri di poesie I buchi neri divorano le stelle (Arduino Sacco Editore 2011) e Incesti sinaptici (Albatros 2007). Interessata al tema della Postmodernità e vincitrice di borsa di studio per l’ Università Sorbonne, ha vissuto per un anno a Parigi, frequentando il CeaQ diretto dal prof: Michel Maffesoli, con elaborazione di un saggio inedito dal titolo IO SONO UN’OPERA D’ARTE (Performance e Performazione: come l’artista diviene medium tra sé e l’alterità). Alcuni saggi tratti dalla tesi di laurea sono stati pubblicati su Nova- Rivista d’ arte e scienza diretta da Antonio Limoncelli. Ha collaborato con Tonino Zangardi, Angelo Orlando e Mattia Signorini alla sceneggiatura del film (ancora in elaborazione) Lontano da ogni cosa tratto dall’omonimo libro di Mattia Signorini. É stata ospite della trasmissione L’altra attualità di RTG- Puglia e intervistata al TG3 in un servizio di Costantino Foschini. Collabora con le riviste Nova e Flussi potenziali di Antonio Limoncelli, Pastiche di Paolo Battista, “O” la rivista della Scuola Omero. È anche una performer, ha frequentato un workshop di Franko B, performando al Teatro India, durante il Festival Internazionale della Body Art Mutazioni Humane e Pensiero, con Monica Melani e Alessio Contorni, con Chiara Fornesi durante la Prima Serata Cardiopatica (“Stella di sangue” 10 febbraio 2013), durante il reading cardiopatico a Berlino (“Fatti male” 11 marzo 2013) e durante la Serata Cardiopatica Rinascita con Damiana Ardito. Contatti e riferimenti:
http://ilariapalomba.wordpress.com
http://ilariapalomba.wordpress.com/su-di-me/
https://www.facebook.com/FattiMaleRomanzo?fref=ts
- Dobbiamo
Dobbiamo essere vicoli silenziosi
frazionarci ai bordi della strada maestra
e non trovare mai la luce
non infrangere mai lo stereotipo
che gli sguardi hanno fatto di noi
Dobbiamo nasconderci nella notte
tacitamente attraversare i cantieri vuoti
non guardare mai in volto l’altra gente
Dobbiamo restare nell’angolo di mondo
in cui hanno relegato la nostra coscienza,
sottomettere il corpo alla ragione
e fingere che vada tutto bene.
- Ritrovarsi
Mi ritrovo a percorrere strade già viste,
come il sapore di sguardi
che non sono più.
Mi ritrovo a varcare soglie
ormai fin troppo note
e a raccogliere i cocci
di vecchie felicità.
Mi ritrovo a fissare antiche fotografie,
aspirando l’aroma
di una tetra indifferenza.
Mi ritrovo a graffiare pareti sdrucciolanti,
a sollevare macigni
di vite ormai estinte.
Mi ritrovo a sentire ridere le pareti
con voci di gente
che ho considerato amica.
Mi ritrovo tra cosce di donne di ieri
che non offrono nulla rievocate nell’oggi.
Mi ritrovo tra orge furenti
come in un bosco di occhi felini.
Mi ritrovo sola
dentro matriosche di ricordi.
Senza aver mai pregustato l’assenza.
E tu,
tra le rovine,
volgi lo sguardo altrove.
- Sotteraneo
C’è un mondo sotterraneo
che vive e pulsa
come un cuore affamato.
Li ho visti,
stanno cambiando
le fondamenta del sentire.
E io sono con loro.
Ma tutti sembrano non vedere.
Mentre spacchiamo i concetti,
sanguinano le idee
e i corpi sono un unico
coro di rivolta,
tutti voltano il capo.
Dio è morto
ma nessuno se ne accorge.
Io voglio far tremare le strade,
gridare i palazzi,
inondare le città.
- Vecchie Valige
Hai aperto valige
vecchie come guerre
che la mia generazione non conosce
Odoravi di sporco
stoffe consunte
e cenere rappresa
Il treno si è fermato e tu sei sceso
pieno di cianfrusaglie
vecchi giocattoli per allocchi
Io sono ancora qui che aspetto
l’ultima fermata
vivendomi altrove.
- Fine del Mondo
Mi crollano addosso
persone, pareti, palazzi,
chiese, strade, città, stati,
ed io germoglio
dall’altra parte
della Terra.
.
- Elettrica e la Musica delle mie Parole
Elettrica è la musica delle mie parole
l’ultima notte sul viale
ci siamo mangiati le viscere
consacrando la carne
al vivo desiderio che non muore
Alzandomi alle quattro del mattino
ho visto ricordi che sembravano non esserci
Termini spettrale
ogni mia partenza un addio
ogni addio una nuova luna
una nuova notte fulminea
a incendiare i buoni proposti
ogni treno era l’ultimo
ogni alba la prima
il mio corpo senza spazio
meccanica dell’illusione
l’ho diviso, il mio corpo,
dall’idea di te.
Commento di Alba Gnazi
Intensa, per più tratti intimistica, la poesia di Ilaria Palomba assume su di sé istanze e riflessioni che abbracciano più piani del sentire e del vedere la realtà delle cose. Dai soliloqui che errano entro uno status quo interiore che necessita di analisi e indagine, condotte con l’occhio implacabile di chi si sa e non si concede indulgenze, ai dialoghi che coinvolgono ora un’altra sé, ora un uditorio più vasto, ora un ‘tu’ verso cui cambia il messaggio, ma non l’urgenza dell’ascolto, la richiesta tacita di adesione.
Sparigliare le carte della quotidianità, dei luoghi comuni che asfissiano, penetrare entro dinamiche e visuali che rigettano l’accettazione passiva, l’incongruenza della superficialità che disfa le percezioni più vivide; ricercare, nello squallore che marcia di pari passo col giorno, barlumi di sopravvivenza e significato, foss’anche nei ricordi (Ritrovarsi), nelle nostalgie, nelle partenze senza ritorno di e da qualcuno che s’è amato (Vecchie valige), in un’unica, singola parola (germoglio, Fine del Mondo)che avvicina la speranza.
Barlumi di sopravvivenza e significato nei propositi di rivoluzione (Sotterraneo) che è, anzitutto, rivolgimento e consapevolezza interiore, quella che non giustifica determinate meschinità esterne, rifugge l’horror vacui (quasi un’eco della Waste Land eliotiana) che spesso ammorba i rapporti dell’uomo con l’uomo, l’imbecillità di certe assenze, di certi abbandoni, per cui inutilmente si cerca una risposta. E la risposta, feroce, definitiva, forse giace nella ”musica elettrica delle parole”, àncora prima e ultima, certezza avulsa da ogni ”meccanica dell’illusione”.
Alba Gnazi
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C’ è in queste belle poesie il senso della solitudine nel non riconoscersi nella realtà circostante, nella difficoltà di ritrovarsi fra i ricordi del passato che non hanno lasciato tracce. ” Io sono ancora qui che aspetto/ l’ ultima fermata / vivendomi altrove.” Un altrove che è fortemente presente nello spirito ed è speranza, consapevolezza del nuovo, ” un mondo che vive e pulsa / come un cuore affamato”. E c’ è la voglia di gridare, ” far tremare le strade / mondare la città, “. Un’ interessantre artista, una bella lettura. Grazie.