Inediti di Claudia Sogno (Amina Narimi)

  • La mia maestra è un’albera

La mia maestra è un’albera
e il suo nido
un pane che lievita
un fuoco nell’aria.
È una fontana di luci sottili
con la pelle secca e i nodi alle mani
piene di strigoli
raccolti al gran posto,
il più segreto del boscovecchio.

È un fazzoletto, la mia maestra,
con un elicriso appena accennato-
che risalendo per gli alberi canta
al ramo potato di un nuovo fiore;

ma quando s’inchina davanti alle fragole
allarga il silenzio con piccoli gesti
fino a sentire il loro respiro.

La mia maestra nel viso è un bambino,
che chiede alla mostra di un Caravaggio
per farne dono all’unica figlia-
e te lo dice con le ossa cave
schermendosi dietro alla brezza sottile
che ha solo un sorriso quando magenta.

La mia maestra ha due gocce azzurre
prima degli occhi, e come un miracolo
sono discese dai pettazzurri,
con le mani di rondine,
sopra il capanno.

 

  • Al suo posto esatto c’era una lacrima

Al suo posto esatto c’era una lacrima.

La morte si vive se come un sole
si porta nel più profondo di sé
lo strazio immenso, se diamo alla luce
la stessa madre quando si apre
perdendo il suo sangue meraviglioso.

L’ osso fedele è il chiaro del bosco
nella foresta che adesso riposa.
Tu veglia il suo corpo.
Ci vorrà molto bisso
e il volto guarito; con la tua voce
sussurrerà, nell’orecchio più debole,
dove è il principio dell’arcobaleno.

Tutti i bambini sanno il mistero
dell’angelo che, prima di nascere,
ponendo un dito sopra la bocca
imprime il ricordo di un nome solo,
un piccolo seme, tra il naso e le labbra.

Se sfiori il contorno della fossetta
trovi un puntosplendenza delle sue ali
lui ti confida che un tempo toccò
la fiamma, i suoi bordi, per poi gettarsi
con tutto il corpo nel fiore degli angeli,

nell’identico istante dell’ultima foglia
dell’ultimo albero
__________________al grandeposto.

Versando alla terra lacrime folli
saremo le spose del nostro sorriso,
di una trina perfetta, che lascia passare,
come una spugna, fra i vuoti, la luce.

 

  • E’  una madre il rosso vivo e l’acquabuona

Si confonde col dolore mentre sale,
ma è l’odore del terriccio appena nato,
se l’invito viene su come un tesoro,
dai frammenti delle ossa, luminoso;

la sorgente è il nostro albero disfatto-
e il cuore, del gigante che si spezza,
un’acquabuona, nel lavoro che conduce
a quell’aurora che noi chiamiamo fissa-

è una madre,
accovacciata dentro il petto,
e malgrado il forte vento la scompigli,
la giumella dei suoi petali rimane
il rossovivo
_____ che la pioggia non scolora.

 

  • Con il chiaro degli occhi 

Da dove parliamo ogni sera
hai ritratto la mano nel bosco
fra il lungo respiro del noce,
per accogliere la codirossa,
la sua fascia sempre più bianca,
nella gonna colma di fiori;

un nido impastato di terra
che ora fruga tra i petali rosa
rialzandosi come un fagotto
sulla fragile forma di orecchio
solitario in mezzo alle viole-

dai suoi reni usciranno dei re
bimbi blu fecondi di pioggia.

Ohh, il suo capo che esce dai fiori
è qualcosa di sempre accaduto,
per donare a chi viene alla luce
la giumella bagnata di riso,
con il chiaro degli occhi, tre fili,
per una ferita, e stupendo,
dalla stessa ferita, il passaggio
a una lingua talmente sommessa
da non distinguere il suono
che fa benedetto il mio grazie.

 

 

 

Claudia Sogno, nata nel Gennaio del 1963, concepita all’Isola d’Elba, da una mamma sardissima e un papà del profondo nord  australe. Sono cresciuta tra cavalli e  grandi albere. Ho conseguito gli studi classici e coltivato la passione per la storia delle religioni, la lingua ebraica , Rilke, la letteratura russa, e poi “l’incontro” con Simone Weil e Cristina Campo, con Elemire Zolla e Renè Char, Maurice Blanchot, Pannikar  Florenskij  Etty Hillesum, Vasilij Grossman..

A ventiquattro anni la mia pancia divenne un grande occhio in attesa di Luca, ma il cielo me lo ha lasciato soltanto il tempo di pochi respiri. Lunghi esercizi, e tanta obbedienza ai fruscii –  come avevo appreso da un anzianissimo e cieco Maestro di cavalli- allenamento e attenzione mi hanno fatto salva la vita, permettendomi di strappare al buio la luce, accogliere ancora l’invisibile dello splendore.  “Amina Narimi”è  l’anagramma di anima rimani, dedicato a mia madre, il mio meraviglioso sagittario che raccontava  che le nonne seppellivano la placenta dei nuovi nati ai piedi degli alberi aspettando nuovi fiori, un ederlezi , come amo ripetere, che ha la grazia che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d’aria.  Ho aperto un piccolo blog su wordpress, scrivo sul sito letterario Larecherche, mi hanno ospitato nel Giardino dei poeti, su Cartesensibili di Fernanda Ferraresso, sulla rivista di Napoli di cui mi sfugge il nome, su Word Social Forum, sono presente in varie Antologie.  Ho ricevuto una recensione al mio primo librino “ Nel bosco senza radici” edito con Terra d’Ulivi,  sul quotidiano Avvenire, a cura di Pierangela Rossi. Pubblicazione di miei testi e recensioni al libro sono presenti in rete a cura di Flavio Almerighi, di Sebastiano Patanè Ferro, di Franca Alaimo e di Liliana Zinetti, di Luca Gamberini.

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