Jolanda Insana / Caffè Letterario

pupara sono
e faccio teatrino con due soli pupi
lei e lei
lei si chiama vita
e lei si chiama morte
la prima lei percosìdire ha i coglioni
la seconda è una fessicella
e quando avviene che compenetrazione succede
la vita muore addirittura di piacere

(Da “Sciarra amara”, Quaderno collettivo della Fenice n.26, Guanda 1977)

*

dolente e sbigottita
si sveglia di notte
per ascoltare il respiro
la vita offesa che cerca la verità
sotto la luna specchiata alla finestra

nient’altro che disamore
null’altra occupazione se non rifarsi

*
la verità non fluttua sulla terra
ma pietra su pietra si cementa con il ciottolame
e rinsaldata s’alza lentamente
svergognata

è la luce che definisce le cose
e non basta essere esperti in lanci bassi
se la mano non riafferra la trottola
facendola saltare sulla palma aperta
per il varco tra indice e pollice

*

corpuscolo e onda
la luce è malata
internamente fratturata

malati i campi
malati gli animali

chissà se cinguettavano i dinosauri

*

intorcigliato porta al collo
il cobra sdentato
e inebetita incede
tra mine e minareti
finché s’arresta
sbaragliata in un lampo
la vita pittata alle pareti
del conservatorio smantellato

passò di qui qualcuno?

(Da “Turbativa d’incanto”, Garzanti, 2012)

Jolanda Insana nasce a Messina nel 1937. Laureatasi nella sua città d’origine con una tesi sulla letteratura greca, affianca all’attività letteraria un intenso lavoro di traduttrice: di autori classici (Saffo, Euripide, Callimaco, Ipponatte, Anacreonte, Lucrezio, Marziale), medievali (Andrea Cappellano) e moderni (Ahmad Shawqi, Aleksandr Tvardovskij). Come poetessa, la Insana si fa conoscere e apprezzare negli anni Settanta, dopo la pubblicazione della silloge Sciarra amara(1977). Fra le altre sue raccolte si segnalano Fendenti fonici (1982), La clausura (1987), Medicina carnale (1994), La stortura (2002) e Turbativa d’incanto (2012). Nella sua poesia la parola si fa urlo, potente e lacerante, per dar voce ad una ferita profonda che non può guarire perché radicata nell’atto stesso dell’esistere. Muore a Roma nel 2016.

Donatella Pezzino

(Immagine: “Ritratto di Marta” di Renato Guttuso)

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