La corazza del rinoceronte

Rossetto affamato,
sbavato sull’asfalto.
Ho capito come
potevo ignorarti meglio
con le nostre sere
tutte nella tasca destra
per far sentire vuota quella sinistra,
ho capito come
studiare i tuoi movimenti
con un solo fotogramma
del tuo primopiano,
ho capito come trascinarti
quando, come i gatti, ti accucci
nascondendo le zampe.
Stiamo guardando una proiezione
del nostro futuro peggiore
da ore,
mentre il passato trema
per il freddo in cui lo abbiamo dimenticato,
sperando nella pietà
dei suoi otto figli e del suo golfino bucato.
Ti si annerisce la voce
quando tenti di raccontarmi
la tua piccola perfetta mania,
lasciando tutto poi a metà,
liberando pretesti ridotti all’osso
per cambiare argomento.
Ombretto mascherato,
sparso sul marciapiede.
Il mio bisogno umano
di avere le labbra secche
arriva sempre con l’invidia
e un contorno di frustrazione,
mi ammanetta, mi anestetizza,
mi imbalsama, mi trasforma in mummia.
Ti si scalfiscono le guance
quando non sai come pronunciare
nuove parole, quando il dove
si perde nella cecità assoluta
di una talpa che scava nello stomaco
da anni sempre troppo giovani,
ti riduci ad accarezzare
la tua corazza,
la corazza del rinoceronte
in via d’estinzione.
Il traguardo
è il limite
da non raggiungere.

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