“La nauseatudine” di Lorenzo Poggi

Istruzioni per l’uso: La nauseatudine (L’abitudine alla nausea)

Siamo completamente asserviti ad un mondo i cui valori sono rappresentati dal consumismo (con uno sfruttamento esasperato delle materie prime di Madre Terra) e dal profitto.

Ovunque ti giri sei preso dalla nausea per quello che vedi e che senti.

Come sopravvivere?

Ma con nauseatudine, ovvio!

E così, abituandosi all’odore, ci si può ancora fermare a pensare, si possono ancora disegnare paesaggi o innalzare inni alla luna, ma la malinconia e il dolore per questa civiltà che ha imbavagliato la nostra mente e la nostra coscienza nel “pensiero dominante” sono sempre dietro l’angolo, c’è sempre dietro  le spalle l’ombra della città rutilante e ottusa.

Eppure bisogna provare a vivere perché “nelle pieghe del mondo/s’annidano paesi nascosti/riserve di pensieri mai abitati/e campane al pascolo”.

Come dire che per fortuna resta ancora qualcosa da cercare e da trovare fuori dalle mura che possa restituirci un poco di fiducia constatando che non tutto è uguale. Poi c’è la memoria a rischio. Le migliaia di sollecitazioni giornaliere puntano a un mondo di smemorati, perché troppe sono le notizie da trattenere, e nel grande calderone le cose sembrano già tutte avvenute e tutte uguali.

Così perdiamo le nostre radici e le certezze cadono come alberi malati […]

(Lorenzo Poggi)

 

[…] Ogni vero poeta riesce, col mero  incanto e respiro del cuore, a far fiorire di rose le sbarre della sua e della nostra vita prigioniera del quotidiano. asfissiata persino dalle illusioni di libertà e dagli equivoci della nostra sbandierata democrazia…

Da anni Lorenzo Poggi fugge dal fastidio e dal traffico sempre più incombente e rumoroso della metropoli, che intossica il consorzio umano; viceversa passeggia nella natura,degusta sapori, coglie fiori e profumi, intona colori; spazientito, a volte addentra e ossigena il suo travaglio nel bosco; poi guida la sua nave per questi mari e questi porti, e di notte guarda le stelle e corteggia, si propizia alla luna: m’attende una notte d’attesa/dell’alba che non vuol più tornare.

La sua poesia sa di terra – e lo ammette fiero – devoto parimenti al pianeta e allo scibile, a tutte le dolcezze che ci appartengono, come ci abbisognano i sogni, e come in ogni caso ci riguardano, ci convocano e ci reclamano tutte le storture del pianeta da denunciare, e ancor più la stoltezza, l’implacabilità della Storia…

La mia poesia sa di muffe odorose,
di cattivi sapori, di lacrime oscure,
di zappa e di vanga, di mani sporcate,
di sale e di pane, di schiene curvate,
di paglia e di fieno, di sentieri scavati,
di vite indurite, di speranze finite.

Si vanta dunque d’essere <<Un uomo qualunque>> (ma mai un qualunquista, s’intende) e rispetta e propugna un suo credo semplice fatto di naturalezza dell’Io e attenzione a tutto ciò che ci circonda, e ancor più ci fa persone, creature, cittadini, contemporanei, sodali, schietti dell’esistere (ché, lo sappiamo bene, è Essere, e non Avere)…

(dalla prefazione di Plinio Perilli)

 

  • Assente

Ho perso la voglia
di scrivere un fiore
o di scendere in strada
M’addormento sul tram
anche se solo in sogno
lo prendo

Mi fermo a guardare
la goccia che scende
impacciata sui vetri.

L’angoscia del vento
il cielo che urla
la rabbia che ha dentro.

 

  • Fermarsi a pensare

Parole stese per terra
come mosaico da ricomporre
per scoprire il disegno che è dentro
Ne è venuta una frase fatta
sai quella che misura la saggezza
d’un popolo immutabile e senza storia.
Un proverbio qualsiasi estratto
dallo zaino dell’ovvietà
quando s’andava ancora a calesse.
Ora che le parole corrono
come biglie impazzite
mi piacerebbe fermarmi.
Sotto l’ombra di un olmo
a pensare.

 

  • Nudo

Gioco col volo degli uccelli
e limature di piume naviganti.
Mi screpolo di nubi flottanti intorno al sole.
Ma non credo agli oracoli premonitori
Neanche ali scoppi di desideri
posso credere in questo inferno di rumori.
<<Mi sono accoccolato sul greto
per vedere passare tronchi banchi>>
Mi sono sporcato le mani
con una targhetta tricolore.
<<L’amor di patria al supermercato!>>
Ho giocato dietro l’angolo per farmi male,
stuprandomi di idee e gesti inespressi.

<<Il riposo del guerriero senza armatura.>>
La solitudine crea miraggi e scrive poesie già scritte.
Il tronco dell’ulivo sollecita magie non raccolte
Mi son preso in cerchi concentrici
mentre ammiravo il lago.

 

  • Come se fosse sempre domani

Sento la vita tradirmi di tempo,
come sabbia tra le dita
sfuggirmi in avanti
e i pugni chiusi non servono
quando è acqua quella che stringi.
Disteso sulla pietra
come un aquilone senza vento
ho contato formiche in processione
e asciato passare i giorni
come se fosse sempre domani.
Sul davanzale di marmo
rinsecchiscono gerani,
piccole idee scivolano sui vetri
d’una finestra chiusa.

 

  • Continuare l’amore

 

Ho speso rivoli di luce
per comprarti la notte
e lunghi silenzi
per fermare il fiume.

Là sul greto dei sassi bianchi
t’ho aspettato come lenzuolo
steso sul prato, come preghiera
alla luna, come infinito rosario.
Ho sussurrato al vento
di farsi velo di tunica
anticipando l’arrivo
dei tuoi passi di danza.
Con un bacio bocca a bocca
spero di rianimare
il ricordo di quella sera d’estate
quando rotolammo su rovi di seta
senza pietre in tasca.

 

  • L”ultimo lupo

L’ultimo lupo
ha gli occhi rossi di fuochi antichi
e balenii di sciabole
nell’ululato solitario al vento.

L’ultimo lupo
ha muscoli di carta
come testamento d’ossa
da leggere di notte.

L’ultimo lupo
cerca croci celtiche
nel tramonto delle idee
da rosicchiare nella tana.

L’ultimo lupo
non va in gabbia,
cammina tra le stelle
a caccia di orse.

 

  • La nauseatudine

La Nauseatudine
mi circonda
come aria sbattuta
da ali di condor,
come miele spalmato
sulle pareti,
come ventosa di polipo,
come odore di stanza in naftalina.

è una melma che t’afferra
quando senti sirene cantare
in pozze di fango
lunghe un mare di parole
che servono solo al rumore che fanno.

L’abitudine alla nausea
è entrata nel cuore
lasciandolo in secca
come argilla crepata
dal sole che acceca.

 

testi estratti da La nauseatudine, di Lorenzo Poggi, prefazione di Pinio Perilli, ed La Vita Felice, 2019

 

 

Lorenzo Poggi è un poeta romano. La lava dei suoi versi scorre ininterrottamente da dieci anni. È un flusso copioso che riflette la gioia, la voglia, la rabbia,  la pena di fare poesia.  È una febbre, un destino. Laureto in Scienze politiche, sposato con due figlie, è stato per oltre vent’anni caporedattore e responsabile di produzione della Guida delle  regioni d’Italia, un grosso annuario d’informazioni anagrafiche sulle principali strutture regionali in tre volumi e oltre 4.000 pagine. Successivamente, per dieci anni è stato direttore responsabile della Guida ai governi locali incentrata sugli organigrammi politici e amministrativi di regioni, province e comuni. Dismessa questa attività, è tornato alla sua vecchia passione: la poesia, che aveva rallegrato la sua prima gioventù. Per soddisfazione personale ha dato alle stampe quattro raccolte: Sassi sparsi, nel 2010, Sussurri e grida e Il cielo che aspetta, nel 2011, La luna nel pozzo, nel 2012, con gli “Autori inediti”. Nel 2014 pubblica Mentre cammino, per le Edizioni Tracce, Versi cor(ro)sivi, nel 2015, Quel ragazzo che provava a volare, 2016, per le Edizioni Progetto Cultura. Nel 2017 ha pubblicato per le Edizioni EscaMontage, Stretti sentieri; nel 2018 Se questo è un canto, ed. Controluna. Le sue poesie sono presenti in molte analogie sia elettroniche che cartacee, ed è stato segnalato con premi speciali della giuria in diversi concorsi letterari.

 

 

 

 

 

 

 

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