Due parole su “Le cronache di Leg Horn”, romanzo fantasy di Lukha B. Kremo, connettivista da sempre, e per quel più conta per noi, mitorealista della prima ora. Così, per giocare con voi le nostre carte. Dentro il suo flusso mi sono rimasti impigliati: Ziga e la sua dirompente sensualità di isopode- nel romanzo si immagina che specie evolute di insetti antropomorfi convivano con gli esseri umani e con altre specie ugualmente evolute (molluschi, anfibi, aracnidi). Ziga è un personaggio femminile di enorme spessore, da avvicinare a certe complicate variazioni sulla femminilità elaborate, per esempio, da John Fante, per quel curioso mélange di selvaggia stravaganza e sensibilità esacerbata. Gronda calore ed energia davvero primordiali il suo amore interspecista con un essere umano, il poliziotto Glauco Moncherini, personalità nomade e scissa, ed ha momenti di commozione che tocca il suo apice nel racconto erotico che Kremo intesse: è un modo moderno di raccontare la sessualità senza moralismi che la falsificano, moralismi frutto senz’altro di sessualità contratte e contraffatte, Kremo suggerisce la via di un’ espansione psichedelica e orgonica del coito fra specie diverse, e leggerlo nella precisione millimetrica delle sue visioni è un’esperienza realmente tantrica, aldilà delle falsificazioni del tantra operate dalla nostra cultura ossessionata dal mito del sesso (vedi Foucault). Proprio come la femmina di squalo che copula con Maldoror nelle profondità dell’oceano immaginato da Isidore Ducasse, il conte di Lautréamont, Kremo così suggerisce il percorso di una gaia scienza dei sensi che in fin dei conti sembrano fare a meno dei corpi stessi, o almeno di quei corpi immaginati dalla metafisica occidentale prima e dalla scienza poi, sua esecutrice testamentaria. Corpo senz’organi? Si va in quella direzione.
L’umano si accoppia con un’isopode dall’anima di libellula. Sublime così il modo in cui Kremo si avvicina al tema erotico, di un erotismo così necessariamente ambiguo, senza cadere negli avviliti e avvilenti stereotipi sulla sessualità. Poi da ricordare c’è il personaggio del medico che trova la soluzione per la zoopandemia,e la scopre a caro prezzo, il terribile rombo delle zanzare umanoidi al principio della Mosquito War, che spaventa proprio per la precisione cinematografica con cui ce la propone Lukha B. Kremo, ricordando analoghe scene in “Apocalypse Now”, in una Livorno – Leg horn è l’antico nome di Livorno qui riproposto in chiave futuribile – minuziosamente riscostruita nella sua mappatura di città scanzonata ma sorvegliata da un senso della giustizia. Qui la tipica ironia livornese, che può essere acida fino alla goliardia ma mai realmente cattiva trova un camuffamento magistrale in questo mondo assurdo e grottesco all’apparenza ma che si rivela squassato dalle stesse forze del nostro, vibrando attorno allo stesso nodo di amore e violenza, che è il fulcro della nostra quotidiana distopia.
Qui siamo in un futuro imprecisato, in un tempo imprecisato, in un mondo imprecisato in cui tutto può accadere. Ma in questo mondo che ci fa da specchio, dove le specie animali antropomorfe convivono in equilibri quanto mai instabili, c’è un’unica certezza: in questa Livorno del futuro, può essere anche fra un milione di anni, si parlerà livornese. È questa la scoperta più incredibile – e l’ironia più genuina – di uno scrittore che ha fatto dell’incredibile e dell’ironia la sua visione e il suo marchio. “Le cronache di Leg Horn” è edito da La Nuova Carne.