Mentre me ne vado

astronauta

 

Non ho ricordo

del come di queste cicatrici

pesanti poco  più

della distanza tra la terra e dio,

né del perché di questo corpo tondo,

equivalente

a Tashunka Witko

ammansito dalla baionetta di un viso pallido,

 

so quel che so:

so che la ragione non mi appartiene,

che è la tua,

che ti piace masturbarti con essa

al lume della tua sicurezza

insipida, con cui ti abbuffi

per poi vomitarla

su ogni umana disfatta,

no, non io,

non aspetterò

che il gallo canti tre volte per rinnegarti,

no, non io,

non per te,

né per la certezza matematica

del due più due,

ti lascio dove sei,

cullata dai tuoi allori,

verdi come il viso che mostri

al mio lato B.

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