nel traffico

il mio vicino mi guarda e sorride
le nostre fiancate si sfiorano,
dallo specchietto gli controllo il tempo:
ci superiamo a fasi alterne:
avrà anche lui fretta di tornare a casa
giocare coi bambini poi
vedere la partita tirando qualche urlo
composto per non disturbare l’anziano
della porta accanto, salutarlo sul ballatoio,
dirgli sottovoce: “buonanotte”;
avrà anche lui l’abitudine di sistemare lo zerbino,
tirare le mandate, cercare una pantofola sotto il divano;
avrà anche lui un treno alle sette
per raggiungere l’africa
con qualche capitano di ventura
scambiandosi le sigarette,
parlando di poesia al buio.
Il mio vicino, a guardarlo bene
è un tipo molto malinconico:
lui mi guarda e sorride ma
il suo sorriso
rimane sul vetro e passa solo il ricordo
come di pioggia nei pomeriggi ai salesiani
che si aspettava smettesse per giocare
ed io per questo non lo sopporto
così gli suono all’impazzata il clacson
e lui per qualche attimo mi odia
ma poi facciamo pace,
lui prende la sua strada, io la mia,
senza neanche salutarci
ci lasciamo il mare alle spalle, i salesiani, la lingua dei matti
la paura di fare tardi
per qualche faccenda di cui nemmeno ci curiamo.

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