Ocean and Chips (di redent Enzo Lomanno)

Mangiavo quelle schifo di patatine. Mangiavo quelle maledette patatine, alle 4 del mattino in uno sporchissimo bar. Il viale era freddo fuori e proprio non me la sentivo di restare ancora lì. Ma certo entrare in quel Caracas_bar di merda, non era stata l’idea migliore della giornata. Che poi le patatine, avevano quel colore giallo paglierino, non sembravano manco fritte per bene. Solo scongelate e buttate lì, dentro quel piatto (neanche ben pulito per la verità)
Ma in fondo, il colore paglierino di quelle fottute patatine poteva anche andare bene, il loro gusto simil cartone intrise in quella salsa ‘c’eravamo tanto ketchup’ quasi nerognola, scaduta almeno da 10 anni (a mio parere), dava al tutto un’aria di pittoresca fine serata di mmmeeerda. E poi cazzo, dopo 2 litri di whisky mettermi in corpo del cartone può funzionare. Magari assorbe e non finisco riverso per terra con la faccia dentro il vomito.
Io penso che quasi quasi, chiamo quel cuoco samoano, grasso e sudaticcio, con quel berretto da finto chef di periferia e gliene ordinerò un altro bel piatto. Un fumante piatto di Pataschif con salsa vomito nerastra sì. Magari ci allego una bella birra di contorno. Una di quelle pesanti doppio malto.
‘Ehi, camerierchef, mi prepara gentilmente un altro piatto di queste meravigliose e saporitissime patatine’ .
‘certo signore, mando da lei subito la ragazza a prendere la sua ordinazione… Ivone, Ivooone vai da quel signore e vedi cosa vuole’ Disse il pagliaccio samoano con toga macchiata guardando all’interno della cucina.
Io rimasi concentrato sulle patatine, o quello che ne era rimasto ed ad un certo punto, cominciai ad avere quella strana sensazione… come quando un formicolio parte dai talloni e ti sfilotta lungo la schiena, lasciando della tua pelle, un complesso e strutturato groviglio di peli irti. La testa , era diventata un pallone, ed ogni rumore del bar mi rimbombava dentro come fossi una caverna millenaria, ancestrale. Appoggiai la testa sul tavolo e cominciai a canticchiare qualche canzoncina..
Vagavo in un mondo coloratissimo, fatto di patatine dorate, ben cucinate e salate, alberi e foreste di patatine saporite e fiumi di whisky, puro malto e cascate di birra… oh, ero in paradiso, od almeno cominciavo ad aprirne il cancello di sicuro.
Quando ad un certo punto dell’epifanica fantasia , un tenero squittio, mi strappò proprio nel bel mezzo del sogno. Cazzo! Proprio ora che mi stavo per accostare a quei bellissimi fiori vodka coloratissimi e sicuramente saporitissimi. Aprii gli occhi, e davanti a me sorgeva un piatto di patatine giallastre e puzzolenti , fumanti questa volta. L’odore mi penetrò nelle narici con la violenza di uno stupratore seriale. Cazzo, trattenni il conato a stento e per riprendermi alzai immediatamente la testa dal tavolo. Aprii meglio gli occhi, e vidi due bellissime mammelle in primo piano. Saranno state almeno una quarta abbondante. Eh, lì per lì pensai che fosse un dolce risveglio e che magari avrei potuto allungare una mano per sfiorare quelle sontuose colline di carne tremula, e stringerle, forte… per fare male. Ma ovviamente per quanto ubriaco, sapevo bene che con i miei precedenti , ora come ora mi sarei fatto almeno 5 anni di gabbio, per un’altra denuncia. Così alzai lo sguardo e fissai la proprietaria di tanto ben di Dio negli occhi.
E… Non mi parve vero, il colore delle iridi aveva il blu intenso dell’oceano e l’oceano mi fissava, intrappolato in un grembiulino da cameriera. Mi fissava e da quelle labbra che sembravano disegnate soltanto per me, uscì un suono che così dolce mai più riuscii a sentire. Sembrava il suono di mille sirene d’atlantico.
‘il signore desidera Altro?’ – disse l’oceano Ivone.
… Il signore desidera altro… che strana frase per una cosa così bella. Quanta sofferenza c’è in un semplice ‘il signore desidera altro’ . Come sia possibile che tu, Oceano di bellezza e di forza e di occhi e di voce possa abbassarti a dire ‘signore’ ad un ubriacone inutile come me?
Pensai mentre continuavo a fissarla negli occhi, e ci pensavo e ci ripensavo continuamente ad una velocità prodigiosa; e poi di nuovo..
‘il signore desidera Altro?’- La voce del mare ora si fece più armoniosa, come se avesse capito il dolore che lentamente mi uccideva da sempre. Come se quelle parole delicate con quel tono sommesso da bassa marea volessero farmi una carezza, e dirmi: sono qui, aspetto te, aspetto tutti.
‘Il signore desidera Altro?’ – Ridisse con tono più urgente.
‘Si mi scusi, per un attimo ho pensato che…’
‘cosa ha pensato, signore?’
‘nulla… nulla… grazie per le patatine, non desidero nient’altro … anzi sì scusi, mi porta gentilmente un bel boccale medio di birra doppio malto ‘
‘ok…’
E l’oceano si voltò, dandomi le spalle, con quella camicetta nera che scollava il giusto per far dare una sbirciata alla colonna vertebrale e a quella pelle bianca compatta, perfetta.
Fissai il piatto davanti a me, le patatine avevano assunto un’aria imbronciata, triste. Come se oramai fossimo confidenti, amici da sempre e che a modo loro mi dicessero – ‘Coglione che sei, e tu hai l’oceano davanti e cosa fai? gli chiedi un boccale di birra doppio malto? come se Gesù Cristo scendesse dal cielo e tutti a chiedergli di trasformare l’acqua in vino… ma sei scemo?’
In effetti, loro, le patatine, avevano ragione… loro la sapevano lunga nella loro molliccia consistenza. Probabilmente ne sapevano più loro di quanto ne avessi saputo io in tutta la mia vita.
Incredibile, quasi 40 anni, un lavoro stabile, un divorzio alle spalle, una tossico dipendenza attualissima, ed ancora sto qui a farmi raccontare la vita e a farmi consigliare dai tuberi… non c’è proprio giustizia a questo mondo. Che cazzo di senso ha tutto questo, se poi al momento della verità, se nel momento che ognuno aspetta e che capita una volta sola, faccio fiasco così?
D’altronde, e tutta la vita che faccio fiasco, ci vedeva bene la mia ex, che si faceva stantuffare alle mie spalle. Perché lei in fondo lo aveva capito di che pasta sono fatto… di quanto sia morbida la mia fibra, senza morale…
Ora sta bene lei, vive a Parigi, ha una bella galleria d’arte… e non pensa più a me, non pensa più alla mia fibra amorale. Non sono mai esistito in realtà, perché in fondo, esistiamo fino a che qualcuno sa di noi, fino a che , qualcuno pensa a noi.
E’ dove qualcuno pensa intensamente a noi, che c’è la propria casa…
Io non ho più casa ormai, non ho più luogo.. e ora? passo la nottata a parlare con un piatto di patatine ed il mare…
Già il mare, l’oceano… il blu senza memoria…

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