Overdose

E i due Giovanni sfondarono la porta, visto che non rispondevo trovandomi privo di sensi sulla tazza del cesso, con la spada ancora nel braccio mentre un rivolo di sangue correva lungo il gomito terminando in un gocciolio che dal mignolo arrossava il pavimento capolinea anche per un filo di saliva che si allungava come una ragnatela dalla mia bocca .
Mi risvegliai mentre mi portavano fuori dal bagno, poi fu nuovamente buio, fin quando mille puntini bianchi squarciarono il foglio nero davanti ai miei occhi. Uno dei due mi stava prendendo a sberle per svegliarmi.
” basta” dissi e Giovanni si fermò.
Poi arrivò l’ ambulanza .
Mi chiesero come mi sentivo. Vomitai a terra e dissi che stavo bene. In effetti mi sentivo benone e mi chiedevo perché cazzo avessero armato tutto quel casino, i due Giovanni , così glielo domandai . Uno di loro mi disse che avevano provato a chiamarmi per una decina di minuti senza che rispondessi.
Feci spallucce.
Gli ambulanzieri mi portarono al pronto soccorso , dove mi somministrarono qualche farmaco antagonista di cui ora non ricordo il nome. La preoccupazione maggiore – poi rivelatasi infondata- era sapere che mi sarebbe sceso tutto lo sballo.
Ero quasi sicuro che mi avrebbero licenziato, eppure non me ne fregava un cazzo.
Potenza dell’ eroina. Potrebbe andare a fuoco casa e tutto quel che faresti è cercare di scaldare il cucchiaino e avvicinare il braccio alla fiamma per far dilatare le vene: Una vena dilatata per un tossico è una benedizione divina, riesci a bucarti senza la solita caccia al tesoro tra ascessi ,croste e slalom tra livide funi sclerotiche sempre più difficili da beccare, ed il sangue entra nella spada senza neanche bisogno di tirar indietro lo stantuffo.
L’ infermiere mi chiese se fosse la prima volta che andavo in overdose.
-Overdose?- dissi io.
– ma quale overdose , mi sono abbioccato un attimo, da lì a un minuto mi sarei svegliato –
L ‘ infermiere mi guardò, poi capì e ci rinunciò.
. In anni di uso non avevo mai collassato, mai. E adesso mi suonava come una sconfitta.
L’ orgoglio malato dei tossici meriterebbe un’ enciclopedia a parte:
La dipendenza è vista in un’ ottica incomprensibile per il profano; l ‘ assuefazione, la lunghezza delle piste sulle braccia, le vene sclerotiche , lo strafottente opportunismo sono considerati alla stregua di ” gradi” o “scatti di anzianità ” guadagnati eroicamente su un campo di battaglia, la cinica vigliaccheria come esperienza e perizia tattico strategica.
I generali della spada, i guerriglieri del cucchiaino, capaci di scaldare fiale in vetro tenendole in mano senza scottarsi alla fiamma dell’ accendino.
I veterani della sigaretta fumata mentre ancora ti stai iniettando la tua busta, i giocolieri della Brown sugar capaci di prepararsi una pera camminando tra la folla del mercato di porta palazzo.
Uno così NON va in overdose.
In effetti è vero. Chi è assuefatto e “usa “ogni giorno raramente va in overdose.
A meno che non sia talmente stupido da iniettarsi la stessa dose a cui era abituato prima di smettere ,mettiamo, per una settimana o due, o non ” testi” roba che non conosce.
Io avevo fatto entrambi gli errori e ora mi sentivo un coglione, ma solo in virtù del mio contorto orgoglio ferito.
Credo però che l’ infermiere avesse semplicemente pensato” che testa di cazzo”
– Comunque non ho chiamato i carabinieri, le avrebbero ritirato la patente e le avrebbero creato un sacco di problemi. Ho scritto che era a piedi e non automunito, così viene meno l’obbligo di chiamarli. – mi disse.
Risposi che, ok, andava bene, poi uscii senza salutare.
Il sole brillava alto nel cielo di Torino.
-Dalle Molinette a Corso Duca è un bel pezzo di strada- mi dissi accendendomi una sigaretta

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