Pietro Romano, tre poesie da “Feriti dall’acqua”

XI.
È nelle sere autunnali la via
in cui ricordo chi sono. La mente
oscilla lungo un rivo di fango,
si sporge quanto basta per sentire
il legno morto a un passo dalla luce.
Una panca vuota non è attendere.
Uno stormo di rondini che migra
non è ancora. Laggiù il presente
si arena, senza doni.

Dalla sezione Cancelli

V.
Padre dentro di me precipitato,
serrato nella pelle delle cose
inabitate: per non smarrirmi, ora
che dietro la schiena
non più resiste
il calco dell’ombra al tuo passo,
le ferite ugualmente distanti,
riconoscimi almeno il tepore
dell’addio, ché a rimanere qui
affamati d’amore non si vive.

Dalla sezione Sono qui ad attendere riparo

XX.
Quest’ombra si interra
per dissetare l’impronta a un passo
dalla pietra a cui dicevi viva
la parola. Era forse il seme raggelato
sotto il sole di dicembre, la voce
che si stemperava dentro il dolore
dirsi soli e incompiuti
tra le braccia del padre

—-

Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi su Nino De Vita. Ha pubblicato alcune raccolte poetiche, tra le quali Fra mani rifiutate (I Quaderni del Bardo 2018) e Case sepolte (I Quaderni del Bardo 2020, pref. di Gian Ruggero Manzoni, postfazione di Franca Alaimo), quest’ultimo classificatosi tra i libri finalisti del Premio Mauro Prestigiacomo. I suoi versi sono stati tradotti in russo («Мой дом — до молчанья», “La mia casa è prima del silenzio”, Free Poetry 2019, con pref. e traduz. di Olga Logoch, collana di poesia italiana a cura di Paolo Galvagni, traduzione di Fra mani rifiutate), greco, catalano e spagnolo, e inseriti nell’antologia Le parole a quest’ora (Free Poetry 2019, a cura di Paolo Galvagni).

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