Quando, qualche settimana fa, ho chiesto a Marco se potevo avere il piacere di ospitarlo in questa mia piccola rubrica di Poesia, non solo ha accolto con gentilezza la mia offerta, ma oltre a qualche suo testo poetico edito e inedito, ha voluto donarmi in lettura un poemetto, ” Né padri né madri”, curioso e “trepidante” a suo dire, di conoscere il mio parere su un testo dove aveva versato 4 anni di lavoro, tanto impegno civile e innumerevoli letture di poesia, soprattutto straniera. Dire che mi è piaciuto sarebbe riduttivo. Ho concluso la lettura di queste pagine profondamente commossa. Ogni verso una fotografia della realtà che stiamo vivendo, immagini che non porgono risposte al lettore quanto innumerevoli domande, quesiti che affollano la mente e il quotidiano, che oramai sono nostri compagni di viaggio, in questo surreale panorama che stiamo camminando. Gli stralci che andrete a leggere sono figli diretti delle viscere dell’autore, sono carne e sangue, sono dubbio e sgomento.
“Credo che sia un dovere poetico, quasi una missione, occuparsi del nostro vivere civile e collettivo. Sappiamo che non possiamo tirarci indietro di fronte alla nostra coscienza” mi scrive Marco G. Maggi e io non posso che riconoscere in questa affermazione la volontà di denunciare un tempo che ci vede orfani, senza padri né madri, eppure non resi, perché arrendersi sarebbe non disegnare sentieri per i figli, e da questo non possiamo e non dobbiamo esimerci.