Postilla a Yehoshua (di Giovanni Perri)

Il poeta continua a tacere

 

ho riletto, durante le ferie estive, il racconto di Abraham Yehoshua “di fronte ai boschi” incluso nella raccolta, edita Mondadori, “Il poeta continua a tacere”.
La storia di un intellettuale ebreo che ha letteralmente bisogno d’un ritiro, un isolamento per attendere alla stesura di un lavoro sulle crociate. Ritiro che nasce da un bisogno ancor più ampio di ritrovo della propria anima, del proprio “paesaggio interiore”, di un tempo svuotato delle sue fuliggini nervose inchiavardate nel tramestio della vitalità cittadina che lo confonde.
Allora accetta un lavoro come guardiaboschi e passa le giornate col binocolo e la penna schivando incendi e disfatte nella paura che i venti gli prendano la mente, per trovarsi, alla fine, impigliato in un girone d’ombre dalle quali sente un bisogno fisico e psicologico di allontanarsi.
Yehoshua ci porta in quella stanza un po’ simile alla cella d’un eremo, al vano d’un occhio interiore; ci mette nel silenzio assordante del tempo che si fa impassibile e riecheggia sul manto dei pini assoluti, spiando le antiche desolazioni del cuore e le noie delle stazioni morte; ci fa penare per buie monotone stagioni di specchi opachi che ingrandiscono i minuti e le ore svelando meccaniche di rami secchi, schivi, crudi, vene che nella notte sanguinano piano, e tutti gli spasmi della solitudine che a poco a poco si rivela nella sua panica esatta vertigine: misura di sana follia, bastìo a protezione di urti per nascondigli epicurei; esistenza al suo grado quasi randagio, bisogno di collocazione e prospettiva, sguardo della profondità, distacco.
Ma cosa significa distacco? cosa realmente cerca lo studente dietro quel binocolo e su quella penna? quale incendio lo spaventa e l’attrae?
Questo interrogativo forma il nucleo del racconto, il suo nervo pulsante e da lì ci si perde per affondare in riflessioni di varia natura sul nostro tempo, sul nostro continuo bisogno di partecipazione e condivisione di ogni fottutissimo istante di vita nel collettivissimo masturbatore generale del socialissimo vivacissimo presente.
Per una riflessione, in ultimo, sulla dimensione autentica dell’essere, dell’essere visibili, dell’esserci, come vissuti da una febbricitante falsa vitalità.

A tutti buona lettura.

Giovanni Perri

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