C’è qualcosa nel sangue che rende
chi lo tocca martire di primavera,
qualcosa che conosce soltanto
chi ha perso le vene nelle vene degli altri.
Forse gli amanti intuiscono
che unti dalla stessa rovina
tradiscono un vecchio proverbio:
è il sangue che interrompe
la polvere prima che sia polvere.
C’è una chiazza sul letto e vorrei
mi bucasse la lingua e lasciasse
entrare una parola usurata;
vorrei bere tutto quello che sgorga
dalle tue cosce e corrodermi i denti;
insegnare alla gola che il verbo
si attacca agli umori si infrange.
Ora conosci la stanza,
sai dove i poeti partecipano
all’orgia dei morti, e quanto
alta sia la torre da cui un giorno
ho provato a saltare.
Allora dimmi, cosa serve
per fare primavera e non morire?