Guardavo con la coda dell’occhio il palazzo buio
le mani sconfitte tiravano vita su ringhiere marmorizzate
senza candele e con una lunga promessa palpitante
ho rinunciato alla porta vibrante che avrebbe gridato
a tutti: Lei ha sciolto il sigillo del Torna e uccidi la sacrosanta non verità!
Niente di personale, ha abbaiato il cane perso
e nel suo ringhio tormentoso ci siamo coperti la testa
stizziti e Vivi abbiamo augurato Buona fortuna alla grande sorte zebrata,
ho provato a indovinare dove mirasse col suo pugno di calcestruzzo
ma lei è sparita, così sono stata costretta a portare la fine delle dita
sull’inizio della mia fronte bianca e spaziosa in cui ti seguo senza mai rincorrerti,
e ho detto Avevo dimenticato per un attimo le ragioni dell’allucinazione
Proft mai ten ten
mi hai sussurrato
E’ stato un singulto, violini inarcati e colli da spezzare
la scala è ripida e il muro, scosceso come un ricordo difficile da decrittare,
riconosce la musica strozzata dell’ultima
parola che sta per spirare
Ti seguo nel mio cervello rinvigorito dalla luce scintillante
degli occhi del tuo genio
non mi inginocchio a baciare i piedi di bronzo della nostra non ostilità
Lasciamo tutto, eppure sappiamo di averlo già abbandonato là sotto
vicino alla porta einfachen Ausstieg
Io non uscirò, Barba Omnet prenderà le lunghe redini dell’artificio esterno
e gli zoccoli dei cavalli che tanto ci sembravano una febbre delirante
adesso saranno bisbigli di piccole invidie e grandi rabbie
alle quali abbiamo deciso di imprimere a inchiostro il nome di
‘Rikdam, l’olocausto dello sfila tutto, soprattutto vestiti e ringraziamenti’
e alla fine, Adesso, vedremo le montagne.