Quanta pochezza le mie braccia,
si attorcigliano solo al tuo guscio.
Io vorrei far suonare
d’arpa i tuoi tendini
tenderli e far schioccare le ossa
tenere in mano i tuoi polmoni
e cullare ogni molecola d’aria
prima che li abbandoni.
Sentire poi
il rumore della tua carne
– da dentro sempre –
origliare lo scrosciare del sangue
meravigliarmi
dello spettacolare apri/chiudi della mitrale
del perfetto sincronismo di ventricoli e atrii
trovarmi un posto dove dormire.
ph.: Alberto Lanz