Sonia Tri

Sonia Tri 3

Sonia Tri nasce a Pordenone nel 1969.Collabora con il Corrierino del Friuli Venezia Giulia,scrivendo storie per ragazzi che verranno anche portati nelle scuole primarie in collaborazione con diverse insegnanti.Seguono racconti impegnati ora presenti in diverse antologie e alcuni di essi, leggibili su Autorieditori.com.In particolare,uno dei suoi racconti è scelto in appendice per il libro di filosofia “Teologia della follia” a cura di Mattia Geretto (MisesisFilosofie) di recente uscita nelle librerie. Per quanto riguarda la poesia,Sonia Tri ha recentemente collaborato alla realizzazione dell’antologia “Lacrime e fango”assieme a Rocco Fodale ed ha pubblicato la sua prima silloge “Senti come respirano gli alberi”.Vincitrice di vari concorsi di poesia,ricordiamo la menzione d’onore al premio internazionale Colapesce di Messina.

≈≈≈

Anche l’aria è nuda.
Ne sento le ossa sottili
sugli occhi sopiti
e le labbra chiuse.
Potrei rimanere così
per sempre,
appoggiata con lieve
tormento dei capelli
al taciturno pomeriggio
di giugno.
Mentre la sua luce
convoglia nudità
e silenzi vuoti
in un sospiro di sollievo.
La città a primavera,
è come una donna
indecisa sul rossetto…

≈≈≈

Mi piace quando parli con me.
quando il tuo dire è mio divenire.
Quando mi raccogli tra le mani,
come zolla seminata di parole
che vuoi dire.
Fiore che si annusa,
per riconoscere
un istante , l’eterno.
Orizzonte
che s’insegue con lo sguardo
ad eludere l’infinito .
Linea immaginaria
su cui camminano scalzi
i giorni e non lasciano
impronta.

≈≈≈

Piccoli cocci di sole
dentro pozzanghere immobili.
E’ così che viene sera.

≈≈≈

Tienimi così.
Senza rumore
in qualche pensiero
di passaggio
tra mani nervose
e parole ancora da dire.
Tienimi come si tiene
il filo di un palloncino.
Lasciandolo poi andare
perchè non può
fare male il cielo.

≈≈≈

Il cielo non è liso
nemmeno ora che pare
tutto rattoppato e lento.
Quasi immobile
in un riflesso diagonale
che taglia monotonie
di scorci oltre i vetri..
Uno squarcio di luce
ammaestra attese
e uno strano vociare
di ricordi indica
la strada per tornare
prima che faccia buio.

≈≈≈

E’ la terra che ti appartiene,
il promontorio oltre i confini
dell’abitudine.
Conosci luoghi più vicini
delle utopie ?
Non ci sono passaggi pedonali
per raggiungere il loro mare
e costretti solo a volare,
il mare diventa appendice
del cielo e sale fino a fondersi
con lo stesso colore muto.
Bello per chi può adattarlo
ad una camicia bianca
da cerimonia primaverile.
Questo per dirti,
che la tua terra non sviene
all’apparizione di qualche angelo
tra pietre e lucertole,
ma rimane vigile ad ogni
stella cadente lanciata
in nome del cuore
dalla notte con mani
da contrabbandiere.

≈≈≈

Già traballano sui rami
e accolgono luce
per scaldarsi l’ultima volta.
Piccole Penelopi
su tele d’asfalto
e ricordi che non
si disfano la notte.
Andare, le foglie…
Andare, come foglie…

≈≈≈

Pace,negli orti solitari
cullati da piante di basilico
e ortensie variegate di cieli passati.
Pace,nel sussurro breve dell’aria serale,
profumata d’erba giovane
che dilaga come mare senza argini
lasciandosi respirare.
Non si muore subito,siamo fragranza
oltre la morte ed il fato di ogni notte
che cavalca le luci,gli spazi,le voci.
Pace,agli incroci d’ogni via,
pensiero o solitudine.

≈≈≈

Tutto si congeda ,eppure
qualcosa intrepidamente resiste
e non teme e non freme.
Qualcosa ha forma e leggerezza di nuvola
ma non sprofonda in cielo.
Ti ricordi quella filastrocca?
C’era la morte che portava via ogni cosa,
c’era la notte che copriva gli occhi al mondo,
c’eri tu che aspettavi il giorno
ed io che dormivo già e sognavo
albicocchi in fiore germogliati
dentro la mia mano .

≈≈≈

Un uomo.
Chi è un uomo,
Se chi ha coraggio
d’agire , lo chiamano eroe?
Non uomo.
Se chi ha voglia di urlare,
lo chiamano pazzo?
Non uomo.
Se chi piange,lo chiamano
debole?
Non uomo.
E chi ha un ruolo,
lo chiamano re?
Non uomo.
Chi è un uomo?
Se ogni sua azione
serve
a camminare da solo?
Se le sue parole,
la sua pelle,
la sua casa
hanno confini invalicabili?
E chiedo,ancora,
chi è un uomo,
se i suoi occhi
non vedranno mai il cielo
passare attraverso
i buchi della serratura?
Convinto che sia davvero
più grande dello spazio
nelle proprie mani
per sfamare un figlio?
Chi è un uomo,
se ogni altro uomo
non è un fratello,un figlio,
un re?
Io non lo so ….

Commento di Alba Gnazi

Ci sono costellazioni che i poeti tracciano, in ascesa lenta verso lune che il cuore intuisce.

E come asteroidi in viaggio, si arricchiscono di scie cosmiche che brillano e disperdono frammenti di luce. Così i versi di Sonia Tri, che chiedono in prestito e silenziosamente ringraziano il cielo e gli elementi della terra, dalla nuvola alla zolla, dal mare alle luci che vi spiovono sopra, in un incessante osservare, domandare, quasi che dal loro essere si possano mutuare le risposte che l’animo sollecita – e forse, in qualche modo, è davvero così.

Forse, in modi che sfuggono a un più superficiale sentire, al pari di

‘’Piccoli cocci di sole
dentro pozzanghere immobili.’’

si rende attuabile il percorso entro questa silloge, brevi versi asciutti che si concatenano in un continuum che scorre e richiamano un’eco dell’eracliteo ‘’Tutto scorre, tutto si trasforma’’: i versi stessi e le percezioni rarefatte che man mano incarnano intuizioni fino a rasentare certezze – ché di sporadiche, miti certezze sono informate queste parole; la loro essenzialità racchiude significati che appartengono all’indagine sulla vita, sul dolore, sui misteri inalienabili della coscienza; ma anche la sommessa, infinita bellezza delle cose piccole, delle realtà quotidiane, che acquistano inediti accenti poetici, tali e tanto forti da non poter prescindere dal considerarle in modo differente da quello cui si è usi.

‘’Tutto si congeda ,eppure
qualcosa intrepidamente resiste
e non teme e non freme.
Qualcosa ha forma e leggerezza di nuvola
ma non sprofonda in cielo.’’

Poesia di visione e spazio, di intima adesione alla Bellezza in tinte tenui: quasi potesse sfuggire, la Bellezza, se la si veste di parole che non le si confanno; quasi che le mani della poeta le s’accostino con riverenza, e con la consapevolezza che dietro e dentro a ogni vera Bellezza è celato e racchiuso un nucleo di dolore: il Bello che è anche Bene, e che si persegue, senza mai raggiungerlo, attraverso i sentieri scabri della sofferenza. Che c’è, esiste, uniforma certi vissuti, soffonde e circonda le scelte e i passi, e che viene sublimata da parole limpide e immediate, che pure (ed è ovvio, oserei dire ineluttabile) trasportano su altri piani di coscienza, su altre vedute, attraverso un sistema di metafore delicate, incisive:

 

‘’Tienimi così.
Senza rumore
in qualche pensiero
di passaggio
tra mani nervose
e parole ancora da dire.
Tienimi come si tiene
il filo di un palloncino.
Lasciandolo poi andare
perchè non può
fare male il cielo.’’

e dichiarazioni che sanno di amore, esasperazione, rimpianto come qui:

 

‘’Chi è un uomo?
Se ogni sua azione
serve
a camminare da solo?
Se le sue parole,
la sua pelle,
la sua casa
hanno confini invalicabili?
E chiedo,ancora,
chi è un uomo,
se i suoi occhi
non vedranno mai il cielo
passare attraverso
i buchi della serratura?’’

Ma non di rassegnazione, no: nell’insistita domanda, nell’ossessione della richiesta, c’è la rabbia urlata verso le pochezze e le miserie degli atti umani, verso gli egoismi, le tenebre che precludono percorsi di altruismo e rispetto: non verso l’uomo in quanto tale –  elemento tra gli elementi, matrice di ossimori e auto persecuzioni, affascinante e oscuro, distante e caro al cuore –. Ed ecco che la voce della poeta, in una salita lieve da qui:

‘’Anche l’aria è nuda.
Ne sento le ossa sottili
sugli occhi sopiti
e le labbra chiuse’’

e poi:

‘’Il cielo non è liso
nemmeno ora che pare
tutto rattoppato e lento’’

e ancora:

‘’Pace,nel sussurro breve dell’aria serale,
profumata d’erba giovane
che dilaga come mare senza argini
lasciandosi respirare.
Non si muore subito,siamo fragranza
oltre la morte ed il fato di ogni notte
che cavalca le luci,gli spazi,le voci.’’

fino al climax :

‘’Un uomo.
Chi è un uomo,
Se chi ha coraggio
d’agire , lo chiamano eroe?
Non uomo.
Se chi ha voglia di urlare,
lo chiamano pazzo?
Non uomo.’’

che è la giusta, unica conclusione della ricerca e che lascia tuttavia sospesi (al margine delle certezze acquisite, dell’atmosfera densa e profumata di cui questi versi sono intrisi), con interrogativi aperti (Chi sono? cosa cerco? dove vado? perché? perché? perché?): ma forse la risposta è ancora qui, nella Poesia, che attraverso la Tri si leva quale voce autentica e vera e degna – e qui ci fermiamo: ma ancora, molto ancora, di questi versi resta da scoprire.

2 Comments

Notevoli davvero, sia Sonia sia Alba. Mi piace anche il titolo del blog, che fa molto Chicago Anni 30.
Non ho capito, nella breve nota bio, la faccenda dei ragazzi portati nelle scuole primarie, ma transeat.
Davvero complimenti a entrambe

Il commento precedente è erroneamente risultato anonimo. L’ho scritto io, Paolo Santarone.

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