Quando mi sveglio al mattino
su uno scranno d’oro e duecento
lune sottili sotto il cuscino,
le palpebre odono l’argento
dei riflessi del cono di luce
ipogea che si staglia nel cielo.
Quando il mio corpo s’ alza
ma è ancora salato
tipo sardina piegata
a mezzaluna fra cuscino
e aggiornamento del software,
mi chiudo in me stesso
per rendere operativi
microrganismi adatti
alla restaurazione del dramma
quotidiano che mi illude
d’essere perfettamente produttivo.