Stefano Drakul Canepa

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Sono nato a Pavia, il 6 dicembre 1963.
Sono giovane come vampiro, fin dalla tenera età ho sempre odiato la luce e la folla,mentre i miei coetanei leggevano topolino io a 6 anni disegnavo fumetti dell’orrore e scrivevo storie inquietanti. Il mondo già mi odiava, ma io non odiavo il mondo,
solo mi faceva un po’ paura, compresa la maestra che a sette anni voleva mandarmi dallo psicologo perché ‘non è normale che un bambino scriva storie dell’orrore’.

Ma la normalità non è cosa per me.
Scrivo poesie da tanti anni, ormai la poesia
è l’unica forma di comunicazione che mi dia soddisfazione,
ma odio i concorsi, ne ho fatto solo uno nell’ottobre 2012,
vincendo una targa segnalazione al concorso NoviPoesia di Novi ligure, con ‘dimenticami pure’.
Non ho mai cercato un editore, amo la libertà di internet,
ho amato molto il sito scrivi.com e ora scrivere.info,
dove pubblico tutte le mie cose nuove.
Pagina Personale di scrivere.info : http://stefanocanepa.scrivere.info/
≈≈≈
  • Dimenticami pure

Il tempo passa
e il cuore sogna
lune e notti

Dimenticami pure, scioglimi nel cuore
come un veleno caldo e apri le vele
ad un vento nuovo, al soffio lento
delle estati che mai ritorneranno.

Dimenticami e sogna, apri le porte
e la tua sorte al mondo ed al dolore,
alla tua rabbia vera ed al presagio
che tutto ciò che ama sarà inganno.

Dimentica e ricorda, che le parole
al bacio erano sabbia e la clessidra
ora è ormai da sola, un vuoto vetro
che nei giorni ha tolto tempo al cielo.

Dimenticami ed ama chi verrà dopo
di me a pregare le stagioni e il fiume,
a infrangere le brume e le pianure.
A piangere le lune e le luci delle fate.

Dimentica chi amava l’eterna notte nera.

 

≈≈≈

  • Il respiro degli amanti
forse gli amanti
erano gli occhi stanchi
in resa di buio (D)

 

Ora avrai solo un ricordo in più,
un’altra luna da dimenticare
nelle notti di nostalgia malata
quando la luce trema e spera

 

Sentirai il respiro degli amanti,
il passo dei viandanti al buio
sul sentiero che porta al cuore.
Piccole promesse da far morire

 

Sarà il rumore delle onde nere,
il caldo rimorso delle stelle
che esitano un bacio ancora
rubando la bruma dell’estate

 

Sarà la stanchezza del mattino,
i primi raggi impalliditi al gelo
di un sogno sfumato fra le gocce.
Piccole stille da far evaporare

 

E quando verso sera tornerà
la luna nel suo eterno giro
ti troverà distratta nel tuo sguardo
perso fra le nuvole e l’incanto

 

di un cerchio sulle labbra d’oro.

 

≈≈≈
  • Le tombe senza nome
Giorni di luce
e il tempo scorreva
fra i ricordi.

 

Le tombe senza nome sono tutte uguali,
hanno riflessi di luce appena accesa
ed il tramonto dei giorni a venire
non ha rimpianto, né inganno alla memoria.

 

I ricordi non lasciano lacrime alla nebbia,
qui il sapore dei giorni scorre ancora
senza gelo, senza il tremore e le paure
delle ultime sere abbandonate all’orizzonte.

 

I fiori che una mano antica ha posato
a volte si dimenticano di morire
ed esalano profumi per stagioni intere,
anche quando le foglie cadono a novembre.

 

Il dolore non ha mai vergogna, non sa,
non conosce le parole che si facevano largo
nella neve e nella pioggia, non ha desideri,
non ha traccia delle notti e delle albe lontane.

 

Non perdona le speranze né il riposo della terra.
≈≈≈
    • La città dei morti

 

 

nel silenzio
qui vicino alla terra
scorre il fiume

 

Qui vicino scorre il fiume e oltre quella strada
il silenzio dei nostri ricordi ormai dispersi,
nessuna via che possa consolare il deserto
dei pensieri nudi che galleggiano nel vuoto.

 

Qui accanto c’è la nebbia ed il respiro dei volti
in bianco e nero, la terra che si sgrana
controvento in un lampo che non è temporale
ma pace ignara della sua speranza amara.

 

Se vi fermerete per un istante potrete amare
le nostre sfere antiche, il sapore di un bacio
ormai lontano ed un vespro vi porterà
dove nessuna carezza ha mai tremato per voi.

 

Forse pentirete un istante, forse un vago amante
dai falsi sorrisi vi apparirà per gioco e poco a poco
piangerete gocce di sale, qui dove il maestrale
asciugava pelle e cielo nel pastello del tramonto.

 

Qui vicino c’è una roccia, incisa a fuoco nella terra
qui accanto c’è un germoglio d’ombra,

 

non è il cuore che batte non è il sole

 

solo il buio di un dolore.

 

≈≈≈
  • Il segno dell’oscuro

 

luna d’argento
è il veleno delle albe
tremate a morte (D)

 

Non è questa luna d’argento
ad avvelenare le mie notti stanche
ed anche il respiro delle stelle
trema un istante fra le albe

 

Non è il sospiro delle terre ignote
o l’ombra scura del sentiero
a sussurrare il battito del cuore
e rubare le lacrime del mare

 

Forse è solo il rantolo del buio
a perdere ogni traccia di lamento
e dentro al gesto del ricordo
fra tutte le tracce senza tempo

 

Non è questa sabbia di cobalto
a imputridire il deserto delle nebbie
e forse neanche il disagio del ritorno
a tutte le cose che ho perduto

 

Forse è solo il segno dell’oscuro

 

La tenebra che copre ogni segreto.
≈≈≈

 

Commento di Alba Gnazi

 

‘’Il dolore non ha mai vergogna, non sa,

non conosce le parole che si facevano largo

nella neve e nella pioggia, non ha desideri,

non ha traccia delle notti e delle albe lontane.’’

 

 

Lunghe quartine in versi sciolti. Ogni poesia introdotta da una terzina, un’intro a mo’ di preludio e sunto del discorso a venire.

Pezzi lenti, costruiti ‘in discesa’, un’arrampicata verso il basso attraverso vari stadi e riflessioni del/nel Sentire poetico che l’Autore sembra spesso guardare dall’esterno, con la consapevolezza di essere Testimone, e di avere il ruolo cardine di trasmettere.

Leggendo, inevitabili gli echi di memoria che conducono a William Blake, a Edgar Allan Poe, all’esistenzialismo kafkiano. Le tematiche trattate sottostanno a una narrazione poetica spesso dal ritmo prosastico, fitte di monologhi e meditazioni, di confessioni, di invocazioni ed evocazioni.

Il dire ‘altro’ del Poeta, che seziona spietatamente il corpo vivo di quello che, a uno sguardo poco attento, rassomiglia a un dolore cupo che risuona – con diverse tonalità e rifrazioni – nella partitura di ogni singolo pezzo: ma la riduzione al minimo termine di queste opere non renderebbe giustizia di quel che esse sono e recano, ovvero la Consapevolezza.

La Consapevolezza arcana e ineluttabile, antica di notti e pensieri, di quello che Montale definirebbe ‘’il mal di vivere’’; il realismo cosmico che esula dal più scabro pessimismo e che col mezzo della poesia, della vita che la parola contiene e tramanda, invita a guardare oltre, a guardare davvero.

‘Non fermarti’, dice il Poeta: ma trattiene con gesti minimi, elegante d’una discrezione, d’una tenerezza che paventa facilonerie, che si veste di versi- musica, che racconta e spiega moti e anime, e volti e passi:

 

‘’quando verso sera tornerà

la luna nel suo eterno giro

ti troverà distratta nel tuo sguardo

perso fra le nuvole e l’incanto

 

 

di un cerchio sulle labbra d’oro’’ (da Il Respiro degli Amanti)

 

E’ la sapienza timida e semplice di chi ha ‘’attraversato gli oceani del tempo’’ (come il Dracula di Stoker, di cui rubiamo la citazione) e ne sa l’impatto, e vuole risparmiarne la potenza e la fatalità in chi legge ( e anche a se stesso) distillandola a gocce, con parsimonia, sotto forma di ricordo, celebrazione, monito.

Le ombre s’addensano su altri orizzonti, spesso fitti di luce tarlata: non qui, non in questi pezzi; qui non viene nascosto quanto di ferale, minaccioso, malinconico esiste e regna, ma viene reso con mestizia dolce – a tratti crudele, esasperata anche: come quando si parla a bassa voce in una stanza ove tutti gridano, e dapprima nessuno sente, poi si fa strada il silenzio e il dominio del sussurro – :

 

‘’Qui vicino scorre il fiume e oltre quella strada

il silenzio dei nostri ricordi ormai dispersi,

nessuna via che possa consolare il deserto

dei pensieri nudi che galleggiano nel vuoto’’ (da La Città dei Morti)

 

come a dire: Ricorda, Vivi, Insisti; non ora, non ieri, non domani: sempre, perché:

 

 

 

‘’I ricordi non lasciano lacrime alla nebbia,

qui il sapore dei giorni scorre ancora

senza gelo, senza il tremore e le paure

delle ultime sere abbandonate all’orizzonte’’ (da Le Tombe senza Nome)

 

anche se questo produce disincanti e dolori: è il Vizio di chi vive, quello di lasciare indietro le cose – e le cose spesso feriscono: ciononostante se ne cercano altre che forse feriranno in altri modi, eppure  – eppure – qualcosa rimane: un’irresistibile malia, uno struggimento che stringe da dentro quando ci si volta per un istante indietro e si torna a respirare quella stessa aria migrando nella memoria, che non ha tempo.

Il Poeta lo sa, lo sa e se ne duole, e spunta le armi della Consapevolezza mostrando le proprie, allentando catene già recise perché anche il Ricordo e la Dimenticanza divengano liberi, perché in fondo, sembra voler dire, chi s’è amato verrà amato per sempre:

 

‘’Dimenticami ed ama chi verrà dopo
di me a pregare le stagioni e il fiume,
a infrangere le brume e le pianure.
A piangere le lune e le luci delle fate.’’ (da Dimenticami pure)

 

I fasti e le strida della superficialità più mondana appartengono a visioni che il Poeta non contempla, che tuttavia osserva con occhio cauto, distanziandosene per meglio comprendere: ché nella comprensione c’è difesa e riparo, esattamente come nel Ricordo,o in quella Consapevolezza raffinata e gentile che mostra e cela le Cose, un po’ come l’Ironia,o come le ombre del tardo meriggio, quando ci si posa dalla giornata e si resta soli: ed è dolceamaro rivelarsi, trovarsi, raccontarsi, tenendo la luce spenta, e il corpo a riposo.

 

‘’Forse è solo il rantolo del buio

a perdere ogni traccia di lamento

e dentro al gesto del ricordo

fra tutte le tracce senza tempo’’ (da Il Segno dell’Oscuro)

 

2 Comments

Ed io è dai tempi di Scrivi che ti leggo , e non mi stanco di farlo. Inoltre tutto ciò che hai espresso nella tua biografia è in sintonia con il mio pensiero.
Continua così Stefano.
Un inciso: il ritratto qui pubblicato farebbe invidia a Caravaggio.

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