Tabula Rasa di Enrico Marià

Tabula Rasa

Mentre mi pestavano a sangue da ragazzino
dopo i primi colpi non sentivo più niente,
aspettavo solo che finissero;
ciò che mi faceva più male era la gente che guardava
i passanti, tra cui la ragazza che volevo conquistare.
Lì ho deciso il mio futuro
per me non c’è nessuno che conti
gli altri li attraverso e non li incontro mai
il vento li fa danzare nel sole
io con un colpo secco li faccio sparire;
da allora ho la testa vuota, niente dolore né felicità
ho sempre questo nodo fisso alla gola
sono stanco e non voglio mai più che sia come prima.
Ho una promessa da mantenere
affrontare questo deserto
le migliaia di chilometri
i lunghi e desolati confini
di speranze sporcate,
di silenzi nella notte,
della nostra indimostrabile presenza.
Ho tracciato un percorso con il tuo sangue
lo seguiranno e arriveranno dritti a casa mia;
ti abbandono mezzo morto ai tuoi compagni
un avvertimento perché capiscano con chi hanno a che fare;
li aspetto seduto al buio con la porta spalancata.
Non siamo che gocce di pioggia ne imitiamo la caduta.
Io so dominare questo scherzo
che inizia quando nasci e finisce quando muori
e inseguo altro.

 

(dall’omonima silloge “Enrico Marià”, Annexia Edizioni, 2004)
Enrico Marià

 

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