Tutto finiva sempre in pozzanghere

Eravamo altrove
forse eravamo sempre e soltanto lì in quell’azzurro dove – lì in quel verde- finiscono i nomi
ed era più che un dire un pensare
se si poteva in quelle forme sospendersi fino a morire oppure si poteva camminare -sulle mani- che un po’ era come scrivere -dormendo- di quelle notti liquide corsive paniche

Eravamo cosa
se il cielo è ancora un vuoto sterminato per questi alberi e ancora sulle dita ci crescono le idee
-colori- forse, di sabbie invisibili
cimiteri in bilico sulla collina
quasi foglie a scomparsa
ore secondi secoli dentro le scarpe
occhi incollati ai muri fogli

Eravamo a due passi dal tempo
Ignari piovaschi
follia che ci tremava addosso
oltrepassava l’acqua ci annusava
e ambiva
ma
Tutto finiva sempre in pozzanghere

Di un uomo resta appena qualche frase
un prospetto del mondo
un modo di posare i figli sulla terra
di negarla
ma io qui
col mio fedele ossicino scolpito
con il mio vuoto coro di numeri qui
continuerò a soffiare e ingoiare
finché avrò strada nelle mani e vento
alle canne dei piedi

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