Urban Poetry | “Voci bianche” di Andrea Gruccia – Marco Saya Edizioni

 

Porta Palazzo

Innocente come nelle fiere
degli uccelli a Porta Palazzo,
non lo sarò più,
e nelle mani di un padre.
È rimasta acqua di colonia
aperta al secco profumo
del vetro asciutto.

Camminavamo tra le gabbie e le voci,
erano le colombe bianche di Chagall,
i picassiani vetri della tettoia,
non sapevo nulla di arte e tutto arte conteneva.

Si sarebbero schiuse le uova azzurre delle passioni,
con i loro nomi.
E la giovinezza e la libertà di odiare a pieni polmoni.
Sarei diventato l’insetto e colui che lo uccide,
avrei scoperto il colore sotto la crosta della casa,
e sotto il letto avrei amato la vicina
nell’odore profondo delle sue giovani forme.

Tutto si distrugge mentre si continua ad ordinare,
arrivano primavere, camerieri,
le persone riprendono a camminare.

 

Disperso

Ho l’immagine di lei in bicicletta, nella discesa,
mentre la inseguo senza pedalare per non superarla.
Come in una foto di mio padre,
che avevo scattato da dietro;
capelli brizzolati e jeans,
una sigaretta ancora accesa tra le dita.

Disperso, tra i miei pensieri sono disperso.
Pezzi di me viaggiano veloci come in autostrada,
alcuni ricordi sono più intensi se visti di schiena,
si girano dentro i ricordi, e fregano la morte.

 

Siamo stati

Ho staccato le mani dal tuo corpo mentre ti tenevo,
ho staccato da te il senso più alto,
sapevo che un paese o un uomo
ti avrebbero accolta meglio.
Così non ho avuto strategie,
le periferie ogni tanto danno magie,
nella semplicità dei baristi
che un poco meno è scortesia,

l’amaro nel segno del bicchiere,
nel sapore del ritorno, sfamarsi ancora
nei tuoi occhi così vivi da essere stranieri,
in quel filo di amore siamo stati, per un’estate.

 

Paracadute

Ricordo il mercato del paese,
i parenti con cappelli e colonia,
e calde mani da contadino,
sorridere sotto un cielo
che ancora teneva confusa la verità.

O la mia età da fiore dischiuso
era inerte ai vetri delle chiese,
ero sogno che prendeva forma
nella forma di un padre.

Mi ricordo così stretto nell’auto
nel mio abitacolo senza spaventi
aprirsi ai venti della campagna,
la mia anima che si distendeva a confini.

Tiravo in cielo un paracadutista di plastica,
l’incanto del volo nella discesa,
il ripiegare una difesa,
avevo un paracadute sulle ginocchia,
nella corsa tra una casa e l’altra.

La felicità dell’arrivo
di un bicchiere d’acqua e menta
un panino di nutella sotto antichi peri.
Nessuna interferenza,
tutta la fiducia riposta nella forza delle mie gambe.

 

Andrea Gruccia (Andrea Simone Appendino) nasce a Torino. Oltre alla scrittura, si dedica alla pittura e alla fotografia. Partecipa a diversi eventi, tra cui “Io Espongo” arrivando più volte in finale. Nel 2012 Vince il concorso ParaPhotó e Porndemia a Paratissima Torino. Dal 2013 espone opere fotografiche e pittoriche nella sua città natale e in Italia. Esponendo in modo permanente alla galleria accorsi di Torino. Selezionato da Antonio Bux per la collana “Sottotraccia” pubblica la raccolta di prose poetiche e poesie “Capelvenere” con Marco Saya Edizioni (2016) e in seguito, il romanzo “Il tatto delle cose sporche” con Milena Edizioni (2016) Nel 2018 pubblica la sua seconda raccolta poetica “L’amore a volte esagera” con Milena Edizioni. Nel 2019 il romanzo “La nuda anarchia dell’anima” con Milena Edizioni. Nel 2021 la raccolta di poesie “Voci bianche” con Marco Saya Edizioni

 

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