Ho fatto un quadro tre notti fa
nello stesso posto per tre volte
-un braccio col segno dei denti-
Lo specchio ridiventava vetro
prima che fosse carbone
-infuocata la stanza nel bosco-
Respiravo l’ombra del lupo con il sassofono
disgregare la moltitudine di anime nelle parete.
Formica!
Formica!
Formica!
Un buco sulla testa,
serratura aperta della galassia
appesa ad alpha e zeta
come cordone ombelicale
da un ventre all’altro.
E Mosca come un ronzio di isole e termosifoni
e un’onda sferica di foglie rosse
e sigarette abortite sul Giappone.
A folate Saturno riempie lo spazio,
e Venere, d’improvviso
a tener la sua fronte
ed il momento è cristallizzato ,
fermo
e lei è il colore
le tende, la finestra
il buio, la candela:
la stanza.