Hanno scavato un bacino freddo
pregandomi di non recludere la penna
nella tentazione di poter stendere le ossa
Io mi sento come un utero
una marea di capelli fatui,
segui la traccia del mio bersaglio:
ho lasciato colare il colore lì nel punto in cui mai scavare
Le mie anche sono trasparenza,
mi fa piangere il sole
il passo inavvertibile del mio terremoto di nervi
Stelle ovoidali dalle quali pendono
parole penzolanti
e la perfetta sintonia fra irrealtà e movimento caotico
Corri per lasciare carne
come pelliccia d’orso nei pidocchi di Mary
Adesso lei verrà senza pretese
ed io verrò senza pretese,
ma lei allungherà il braccio sporco
cinto da un giubbotto di pelle sacra
Lei sarà venuta a chiedere
oro alla fonte,
e mi sarà detto:
‘Posa la penna e raddrizza le orecchie’
Soffro sigaretta spenta, soffro bicchieri di cristallo
Bocca rossa come pianta divoratrice;
La bellissima assassina accoglie le mie ciglia
tra le sue ginocchia magre
‘Hai la nausea’
rimbomba la risata nera sul monte della resistenza
I chiavistelli hanno scintillato,
Mekong ha parlato a bassa voce
dall’alto della sua carnagione incerta:
‘Spogliati e rimani al freddo’
Ma ho visto il giorno umano
sdrucciolare con cordoglio
contro la schiena molle
Un cane di marzapane
(e dal sesso di pistacchio)
abbaia disperato in un bacino freddo
costruito sotto anni di braccia d’oro,
la sua preghiera è una lacrima che ripete,
morbida e familiare:
‘Non recludere la penna
nella tentazione di stendere le ossa’.
II
Immagino che tu lo dica
mantenendo un’indecenza marmorea,
il diavolo entra in me
attraverso gli angoli del mio corpo
E se ti senti gli occhi addosso
qualcosa ti spingerà ad uscire dal sole
fumo bianco come papa morto e scelto,
ore piene, dee del nettare che sto inacidendo
odore di fiori da camposanto
sulle scale della patria
Diciamo pure di essere morti, putrefatti,
aspettiamo fedeli,
murati come le mogli pallide e immaginarie
di Edgar Allan Poe
Qualcuno starnutisce
E’ arrivato il momento in cui, con un movimento vorticoso
il cobra aprirà la cavità sdentata e dal mio seno saprà quello
che tu stai per dire.
Sei solo,
hai camminato a lungo attendendo che l’animale
s’infilasse in bocca il capezzolo a sonagli
Lampadari di cristallo
che si spalancheranno in una luce di bruttura,
lumi rossi,
il mio nome in altri accenti,
una foto fra le sbarre di ferro battuto,
le sedie che urlano,
il diavolo in corpo.
Prima che possa scivolare latte tiepido
nella gola rettile,
uno strano sospiro di stupore
innalza i miei bulbi oculari,
placido come un ronzio innocente
il mio atlante tiene tesa la testa vermiglia,
per ridere,
nero su oro,
lui l’ha detto:
Providentia dei.
III
Una giacca nuova fra le strade di stoffa
Ho il viso stanco,
due trapani nelle tempie
Mi sta raccontando una spietata
antologia di Spoon River rispolverata,
tirata a nuovo,
incarnita come un’unghia gialla
sull’alluce dello stivale
E se tuo fratello muore tienigli le mani
Mia madre lo ha fatto,
le mani della pre-centenaria fra le sue.
Donne che piangete, indossate tacchi logori
e pelli di zinco
nella città-formicaio
sono un recipiente saturo
colmo di formiche moderne dalle abili dita di forbici
Teste di cazzo in cravatta,
siete in attesa di eiaculare frustrazione scura,
proprio lì
Lì al centro della fronte,
dove lui ha disteso i muscoli e ritratto i gomiti
e m’ha sparato.
L’incubo è finito alle quattro,
un’ora prima della mia alba personale
Ti abbraccio più forte
assimilando nei miei organi
il tuo torace caldo
ora e sempre
Intanto lei continua:
‘Giacca nuova, perché se mio fratello muore
nel paese in cui tutti tengono le porte aperte e le sinapsi spente,
ho bisogno del rispetto,
di morire con cento pianti addosso, non uno in meno’
Nero succo
succo nero d’ambrosia
che posi un gancio in mezzo alle mie palpebre
schiacciando il mio sonno
sino a renderlo un filo
Ho un dubbio morale
che rende magre le mie gambe,
che sono gambe sempre in piedi
Nero succo
miele emostatico
parli bene e con voce pacata
Lei tornerà e mi mostrerà la sua giacca da funerale
di stoffa buona,
buttata alla rinfusa sul mio sgomento di purezza
Scendi piano,
cola lento sulla mia spalla,
il cane dorme calmo sulla coperta
su cui io dipingo
Ho lavato le mie mani
e sei scivolato giù
e con te tutta Roma
nella fogna da lei venuta alla luce
IV
Quando arriverai sarà una festa sotterranea
a neon rosa
c’è il tuo odore nella stoffa elasticizzata dei miei pantaloni
naviga fino a me, veglia di irrequieta giovinezza.
Situazioni imbarazzanti tra me e l’imbarazzo
che zompetta felpato per la casa senza odore
Alle diciannoveennove il cane scende dal letto,
l’orologio pazzo strabuzza il mento
Serratura vecchia
binari nemici
scarpe nemiche
sfera di cristallo da giocoliere nemica
piede nemico
Il paradiso artificiale si è arrestato
di fronte all’eden magnificente
ma a loro non piace,
non piace mai.