Cercando di dimenticare il disastro del Golfo in visita a mia madre in Florida (di Terri Carrion)

TC

 

Dopo una lunga passeggiata nel centro di Hollywood, Florida, superate le coppie alla moda che cenano in ristoranti dal prezzo esagerato, superati i cafoni locali ubriachi che si spartiscono il territorio al bar sulla Octopus sidewalk e al pub irlandese Kelly’s, superato il banco dei pegni e lo strano G.D. bazar di abbigliamento femminile con quei due orologi anni Settanta a forma di gatto Felix con le code che oscillano e gli occhi in movimento nella vetrina, superato l’hippie al ristorante messicano sul lato più lontano dell’area, non proprio un hippie più un hipster che imita un hippie, che alza lo sguardo e dice “Ciao”, l’unico essere umano a cercare un contatto finora, un hippie/hipster in un ristorante messicano vuoto nel sud della Florida, mentre indosso la maglietta di Frida Kahlo chiedendomi se la riconosce, ma non posso davvero fermarmi, né lo voglio, così rispondo con un timido “ciao” e svolto l’angolo rapidamente, lontano dall’area alla moda e dal turbinio di muzak e fast food esotici e sandali gioiello con tacco a 10$, verso la fine dell’area, nella strada parallela ai binari del treno, e cammino verso nord, supero decine di cartelli “affittasi” su locali commerciali abbandonati, proprietà “pignorate”, finestre con le assi, proprio all’altro capo di quanto avviene nel centro, e io continuo a camminare e avverto solitudine e silenzio, all’altro capo, e continuo a camminare e giungo al supermercato del centro commerciale Publix, sull’altro lato della strada rispetto al nuovo Parco del Circolo delle Arti per Giovani, dove genitori stanchi osservano i propri bambini, troppi bambini, giocare sull’attrezzatura per arrampicarsi sicura e ad alta tecnologia e sul campo sintetico imbottito, sotto i vivaci alberi di fuoco rosso reale seguiti da spessi baobab, ma mi trovo adesso al centro commerciale Publix, proprio sull’altro lato , dove i tassisti haitiani passano il tempo, dove vi trovano le fermate dell’autobus, dove i senzatetto e i tossici e bellissimi freak indugiano dinanzi ai Walgreen e parlano e condividono sigarette e chiedono spicci, e infine, per la prima volta in tutto il peregrinare pomeridiano provo una forma di sollievo, mi sento meno triste e piuttosto umana e sintonizzata mentre osservo due uomini che litigano e che si stuzzicano a vicenda riguardo a qualcosa, non so cosa, e si guardano fisso negli occhi, occhio contro occhio, viso contro viso, naso sudato contro naso sudato, e il sole umido tramonta dietro le loro spalle e un vecchio esce da Publix con le mani cariche di sacchetti di plastica ed un ragazzo androgino con una maglietta rosa e pantaloni attillati neri mi incrocia su una bicicletta arrugginita e inizio a superare il parcheggio per andar via e il sole sta ancora tramontando e una giovane coppia con i vestiti sporchi siede in terra abbracciandosi, appoggiata a un nuovo lampione di plastica elaborato fatto per sembrare di argento anticato, e attraverso la strada tra traffico e fumi di scappamento, e ritorno al condominio dove vive mia madre, oltre il campo da golf con un country club costoso e un recinto di rete metallica cadente che tiene fuori le bottiglie di birra rotte e merda di cane e spazzatura, proprio sull’altro lato, e salgo le scale del condominio di mia madre invece di prendere l’ascensore che non è stato messo a norma e si rompe spesso, ma non è stato sostituito poiché il palazzo non se lo può permettere, così si sono affidati al caso, finché l’ispettore edile comunale non farà ritorno minacciando di far pagare una multa, e glielo farà sostituire e ci sono pile di insetti morti nella tromba delle scale, lo scheletro di una lucertola in un angolo ed entro nell’appartamento 304 dove mia madre giace allungata sulla chaise longue color malva che apparteneva a Doris Rothenberg, la madre del mio compagno, che è morta, mentre mia madre è ben viva, e vi sta stesa guardando telenovele venezuelane, così le do un bacio e vado a farmi una doccia per lavare via l’umidità del sud della Florida, ma non riesco a smettere di preoccuparmi mentre sto nella doccia, mi preoccupo che mia madre possa cadere nella doccia quando non vi è nessuno che possa aiutarla, perché siamo andate a trovare le sue amiche tutta la settimana, tutte vecchie vedove che vivono sole proprio come mia madre, la differenza è che hanno figlie e nipoti vicine che verificano come stanno nella pausa pranzo tutti i giorni, che installano maniglie così che le loro madri non cadano, che comprano vistosi tappetini da bagno così che le loro madri non cadano, ma la doccia di mia madre non ha maniglie e il suo tappetino è da quattro soldi e scivoloso, e me la immagino mentre cade nella doccia, impotente e sola, così mi sento nuovamente triste, pensando alla sua morte e alla morte della Costa del Golfo…o sì…la Costa del Golfo sta morendo, pellicani e pescatori stanno morendo, un’intera cultura sta morendo, del tutto impotente e sola.

In “Nuova Antologia di Poesia Americana” a cura di Alessandra Bava (Edizioni Ensemble, 2015)
http://edizioniensemble.it/home/88-nuova-antologia-di-poesia-americana-9788868810368.html

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