dalla serratura

mi fermavo così davanti alla parola morte
come si sta davanti ad una porta che non s’apre:
una sedia girata sopra il tavolo
uno specchio in fondo alla parete
un piede che sbuca da una tenda
e l’orologio ah l’orologio
a battere nel vuoto ero il soffitto, la quota nell’uovo:
ero patetico, scenografo, grammatico, nell’occhio rumoroso un ninnolo ammodo
con tutta una paura di cadere, pendevo, ed ero il varco senza peso, lo strapiombo.
Ah serratura di carta! proiettile su per il culo vertigine altrimenti colla
nella preghiera.

Misteriosa faccenda sbirciare il vano ipotetico dell’ora.
Fiutare inganni. Dipingere cornici:
attendere.

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