Vecchia Opel

Mi hanno dato una vecchia opel
per andare a morire qua vicino,
dove gli alberi arrugginiscono
i parafanghi delle parole,
le consonanti spezzate e ciondolanti
negli attimi di sospiri immobili,
l’aria gialla dei fiati ottoni
che preannuncia il crash in chiusura
di una caduta tra le braccia
notturne al J&B.
Mi hanno dato una vecchia opel
per inquinare tutto quanto,
dalla punta arrotondata dei tuoi capelli
fino al nome bestemmiato della piazza
del santo, prima le urla e poi il caffè,
prima le mani e poi le tre vocali del
tuo nome nuovo che mi hai lasciato appeso
voltandoti per andartene, dopo il tuo
istante sarà di nuovo inverno, dopo il mio
eterno, sarà per sempre niente.
Mi hanno dato una vecchia opel
e voglio andarci sulla luna,
per tirare sassi al sole e vedere se si
spegne, per seppellire i resti di una
colonizzazione di codici a barre di
uranio 235, incastrati tra le gengive
infettate dalle lingue troppo affilate
per volerci bene.
Mi hanno dato una vecchia opel
con lo stereo a cassette, perché
la musica migliore dicono che passi
per le radio commerciali, quindi
ho preso “Il Coltello” di Emerson
& Soci e l’ho conficcato a tutto volume
nell’alba ancora troppo sbronza
di questa vecchia città.
Mi hanno dato una vecchia opel
per andare ad inabissarmi dal porto
e far compagnia agli scorfani,
che i temporali si vedono meglio
e le rocce sono comode.
Mi hanno dato una vecchia opel
per seguire il filo di ferro
e mettermi ad asciugare i pensieri,
ho controllato nel bagagliaio,
ma non ho più mollette di legno.

 

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