Quale può essere
la mia coesa pretesa?
Allungare le braccia
ai cieli verginei
non fa del cristallo
proteso, stendardi.
La pulita lucente borgata
sfolgora di notti soporifere,
dove precetti in processione
vagano dissolti nei binari
concerti della mia mente
sconvolta
Ed ho teso le mani, più volte
ho teso le mani, sui giunti divelti;
Croci di spessi veli mono tinta su
volti di madri dormienti.
Come leggeri lenzuoli in Lino pigro
su minute baruffe di letti sfatti
in trasparenza
Quasi piccole dune discendenti
su profonde voragini
Dove il vuoto della mia ragione
non trova pace né conforto
nel buio della coscienza
– Oh, quasi una lacrima
per ogni sospiro, per ogni speranza
che muore nell’indifferenza.
Lutti e bombe esplose sulle città
malcapitate: quanto male insopportabile
Bambini defunti senza beatitudine
in metropoli smarrite, inconsapevoli
della vostra gioia, ancora gas
sui vostri occhi ormai vetro! –
Mio cuore, ferma il mondo,
ferma, questo egocentrico dolore
Ferma ogni possibile colpo teso
Sulle anime inermi
dei miserabili avvinti
traccia un velo d’incoscienza,
cosicché io possa, ancora domani
sperare
in uno specchio pulito