E ci trascorriamo
nello stesso erbario
come due varietà dissimili
ma saprofite:
tu a depurarmi l’aria
e io a filtrare per te
la luce della luna.
E torciamoci pure
l’uno nell’altra quanto più sapremo
indistinguiamoci le radici
fondiamo
e trasfondiamoci i liquori
che danno la vertigine ai viventi
e comunque faremo
ci appassirà una notte una gelata
e nel silenzio
ci moriremo accanto.
Si mischieranno nella putredine
le tue molecole e le mie
per combinarsi
in nuovi viventi estranei
alle opposte periferie della biosfera
l’uno dell’altro
inesorabilmente
ignari.
E magari sapessimo migrare
in quei climi prosciugati
dove linfa e corteccia senza sfaldarsi
sono capaci di trasmutarsi in pietra
dove la nostra forma fossile
possa consumarsi
come i gradini o le zampe dei leoni
delle cattedrali.
Sarebbero in eterno
sassi grigi
le tue mani
una clessidra nel calcare
il nostro infinito
ultimo
bacio.