IL TUFFO

Il signore di mezza età che fa la sua comparsa al bordo della piscina non vorrebbe che lo si chiamasse signore di mezza età, questo è poco ma sicuro. Lo si capisce dal lieve imbarazzo con cui si muove cercando di coprirsi un po’ la pancia con l’asciugamano, particolare da cui si desume facilmente che lui la pancia non ce l’ha avuta sempre. Lo dicono le spalle larghe di chi ha fatto molto sport, in un tempo passato, e i suoi movimenti impacciati, come non avesse dimestichezza con questa sua forma d’oggi, come se quell’involucro sgraziato e bianchiccio non gli appartenesse, come ci fosse finito dentro per caso.
Il signore si guarda intorno e si vede chiaramente che se potesse farebbe scomparire tutti con la bacchetta magica e resterebbe solo, senza nessuno lì a guardarlo. Si ferma così, per qualche minuto a guardare nel vuoto e per un attimo sembra se ne voglia andare. Poi, di colpo, pare risolversi. Rassegnato abbandona le ciabatte, trattiene un po’ il fiato per tirare in dentro per quanto possibile il ventre prominente, e coraggiosamente si espone agli sguardi attraversando lo spazio vuoto che lo separa dall’acqua.
Sta pensando come tuffarsi, adesso, il signore, mentre fa finta di niente e pare indeciso tra un entrata dal bordo e una, più spettacolare, dal trampolino. Che si sappia tuffare è sicuro, ormai questo dovrebbe esser chiaro. Quello che probabilmente lo lascia ancora dubbioso è la scelta tra un tono minore, modesto, poco rumoroso, che non dia nell’occhio e il suo desiderio di fare ciò che ha sempre fatto. Perché lui, giovane e spavaldo, è sempre stato uno da trampolino, questo è ovvio, e questo qui gli pare pure troppo basso, a dirla tutta, una cosa proprio da mezze cartucce.
É esattamente mentre pensa così che la decisione di fatto l’ha già presa.
Una sola differenza sembra che senta il signore rispetto al passato, mentre percorre i due passi che lo separano dal bordo oscillante della tavola: un tempo essere su quel palcoscenico doveva dargli un gran piacere e certo lui amava prolungare la durata dell’attimo che precede il salto. Di più, probabilmente attendeva a tuffarsi prima d’essere assolutamente certo che tutti lo stessero guardando a naso in su, nessuno escluso. Ora invece teme gli sguardi e desidera abbreviare il più possibile il rito. Non ci vuol tanto a capirlo, basta guardarlo.
Il problema è che un signore di mezza età sul trampolino attira l’attenzione ben più di un aitante giovinastro e in breve tutti gli occhi sono fissi su di lui. Pare accorgersene, il signore, ed è per questo che parte deciso e spicca il balzo, quasi senza concentrarsi, come a volersi togliere il pensiero.
Non male l’impostazione e insospettata anche l’elevazione, per la mole del tuffatore. Un po’ troppo lenta la capriola così che nella ricaduta il corpo urta in qualche modo il trampolino che produce un suono secco, e resta nell’aria a vibrare come legno d’arco dopo lo scocco della freccia.
Buona la distensione e ottima l’entrata in acqua.
E di sicuro rivive come una raffica di foto che gli si scaricano in mente il nostro tuffatore al contatto con l’acqua fredda.
La sensazione di essere vestito dal liquido freddo come una calzamaglia e i suoni ovattati degli spettatori plaudenti e la consapevolezza mai scordata di essere leggeri e onnipotenti.
E ancora, sfiorando con l’addome il fondo azzurro della vasca, quasi certamente è travolto dalla percezione vertiginosa della velocità del tempo, e ne ha la nausea, e percepisce con stupore la sottigliezza irrisoria del diaframma che separa quest’ora da un altro ora di trent’anni prima.
Poi si scopre a rivedere visi che ha scordato, fotogrammi, come il sorriso di denti regolari di una ragazza a cui non sa più dare un nome, e sente odori subacquei, di cloro mischiato a sudore e rose e panini divorati e macchine sotto il sole.
E risale infine verso il bordo opposto della piscina, affusolato come un’otaria, il nostro signore di mezza età che non vorrebbe essere chiamato così, e si capisce bene dalla sua postura che gli piacerebbe trasformare quell’uscita dall’acqua nello stesso slancio che lo fa sedere sul bordo della vasca in un sol colpo, come ha sempre fatto, ma si vede anche che sente di avere sassi ai piedi e burro nelle braccia per riuscirci adesso.
Emerge come una creatura acquatica a filo del muro, il signore sbuffante, e si guarda intorno come una poiana che ha appena afferrato il posatoio dopo un lungo volo.
Ed è stupito di trovarli tutti lì fuori in ginocchio che gli stanno intorno e gli parlano a gran voce, allarmati, concitati.
Che vogliono da lui? Si vogliono congratulare? Ha fatto qualcosa che non doveva fare?
E’ chiaro che il signore é molto infelice di questa strana piega che hanno preso gli eventi e vorrebbe reimmergersi, farli tutti andar via, cancellarli, volatilizzarli.
Poi si volta e si accorge che dietro di lui una lunga striscia rossa segna il suo percorso lungo tutta la piscina.
Non mi sono fatto niente, davvero, andate via, non vi preoccupate, non ho niente, davvero.
È una sciocchezza, ci penso da me, grazie.
Non mi sono fatto niente.
Davvero.
Vi prego, ci penso da solo, ora lasciatemi in pace.
Davvero.

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