Armanda Guiducci / Caffè letterario

Come al sole

Nel grigio universo dei letti a ore
dove il giorno si umilia fra i cavedi
e i cieli murati sui cortili,
tu, gettando le vesti, fosti il sole.

E, come al sole la polverosa luce
esita, attratta, e si scompone,
davanti a te, o nudità splendente,
le succubi stanze dissipavano

il riluttante fruscio delle lenzuola,
le macchie gialle sopra i lavandini,
le squame arrugginite dei bidet,
i rantolii delle parole oscene.

*

Gli occhi

Al mattino, tu porti occhi verdi
come una donna una fresca camicetta
da cui irruente splendore si promette,
di specchio in specchio, sui vetri della strada.
Alti nel viso, e verdi. Li riabbassa
la sera; li rabbuia (e molte pieghe
v’ha inciso intorno l’ombra che scolpisce).
Ma, ora, sono verdi, verdi, verdi …
Verde bellezza alta del mattino.

*

Eclisse

Tremulo filo nel cavo d’una lampada
folgora e spezza, la corsa della luce.
L’estraneità del buio – che interrompe
le curve belle, ogni visione chiara –
fu tra di noi chiarezza fulminata.
Poi, uno sprazzo. Il filo incandescente
si è riteso a brillare. Ora, sappiamo
le intermittenze, le cecità del cuore,
e che niente di intatto, sulla terra,
regge la luce a lungo. Il tramonto,
è del giorno. Il sole, porta l’ombra,
il sole stesso … E interi astri oscura,
a intervalli, il disco d’un pianeta.

*

Uomo

Altro da me in tutto … maschio, estraneo,
altra carne, altro cuore, altra mente,
pure, il mio stesso corpo prolungato,
la voce che si sdoppia, e mi continua:
ciò che si oppone, e ciò che mi compone
come un discorso teso, mai concluso,
o l’altro occhio: il raggio che converge
al rilievo, allo scatto delle cose –
mio necessario opposto, crudele meraviglia
è amare te: godere di due vite
in questa sola, avere doppia morte.

*

Il peso della vita

Quella vallata più bianca della morte …
Ti portavo neve ad aghi, fra i capelli.
Al curvo bacio, volgevi altrove gli occhi
dolorosi. La semprechiusa finestra
ti inquadrava una realtà irreale:
pura, perfetta – nella distesa intatta
dell’inverno. Io – ti schiantavo, col peso
della vita. E, senza osare saperlo,
tu mi odiavi. «Guarda i miei amici» dicesti
brusco a un tratto: tre becchini uccelli immoti,
neroposati sopra il davanzale. «Va.
Ritorna nella vita.» Cosi, pregasti
– fingendo di ignorare … Forse, ignoravi.
Io, ero la vita – che si ama odiando,
se ci sfugge estranea. «Lasciami solo.
Sono stanco. Sono stanco di morire.»

*

I cicli delle primavere

Silenzioso, ambiguamente casto,
giaci … Sembra tu ascolti prepararsi
il mormorante suono delle crescite.
Non esita cosi incerto un fiore
cui aria luce terra ignote forze
diano il privilegio di ingrandire.
Non è concesso a te, dal tuo profondo,
ciascuna volta di fiorire – e basta.
Tu, ciclica primavera, getti il seme
ogni volta più lontano dall’infanzia.

*
L’appuntamento

«Fra dieci anni, è qui l’appuntamento.»

Dieci anni … Che sfida. Breve eternità,
i figli avranno le spalle squadrate,
i vecchi di oggi – disfatti … e noi?
quali altri pesi, pene, porteremo?
E la gente, in che cosa crederà
fra dieci anni? Poi che, pazzo, il tempo,
ora, ingoia uomini e cose
con ingorda furia, e mai la vita
è scorsa più veloce ed effimere
le idee, gli anni che speri sono troppi

per ritrovarci vivi. (Non nel corpo,
dico, nel cuore. Nel cuore capace
di sfide, o di promesse.) Se il corpo
lo potrà, agli anni detti, sarò qui,
ad aspettare – i tuoi occhi di oggi.

(Da Poesie per un uomo, Trieste, Asterios Editore, 2018)

Armanda Guiducci, all’anagrafe Armanda Giambrocono, nasce a Napoli nel 1923. Laureata in filosofia a Milano, è allieva di Antonio Banfi. Collaboratrice e direttrice di diverse riviste politiche e letterarie, Armanda vanta dagli anni Cinquanta in poi una multiforme attività culturale, che si riflette in una produzione ricca e varia.

Armanda Guiducci è infatti filosofa, scrittrice, poetessa, critica letteraria, traduttrice, sceneggiatrice; si interessa anche di antropologia, etnologia e psicoanalisi; partecipa attivamente al movimento femminista italiano.

Tra le sue opere più significative si ricordano Il mito Pavese (1967), A colpi di silenzio (1982), Donna e serva (1983), Medioevo inquieto, storia delle donne dal VII al XV secolo (1990) e la silloge poetica Poesie per un uomo (1965). Nei versi di Armanda Guiducci, l’amore raggiunge un’intensità quasi dolorosa, nel tentativo di colmare la distanza abissale e irrimediabile che separa l’uomo e la donna.

Donatella Pezzino

Immagine: Profilo di donna, di Aligi Sassu (circa 1950-59), foto da Artnet

 

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