Erano trascorse le nevi,
la ragazza col capo greve
s’era già dimenticata di ogni cosa
il cane colpiva alle tre
col suo orologio da mercante
preso in prestito dagli alberi
i viali avevano imbiancato le strade,
come lucertole aspettavano i suoi piedi
sotto al sole cinerino
Tutto passava così in fretta
e ad un passo così inumano
che i suoi capelli increduli allungavano le ciglia verso il basso
aveva visto tra le stelle di cristallo di un vecchio Natale
la sua piccola rossoimmagine diventare un cabala infernale
e adesso, quelli che gridavano
o che avevano smesso di mostrare petti denti e retroimmagini buddiste,
galoppando dall’altro lato della strada
avevo smarrito una volta e per sempre il loro odio fuori moda
Non ce la facevano più a morire
d’invidia, di grasso o di isolamento
O forse era lei ad immaginare tutto questo
perché c’era chi era saltato in aria
e c’era la zucca sul fondo della padella
le giacche nere delle signore del primo pomeriggio
i tre ebrei con il loro capodanno bianco
e un vecchio Bar mitzvah sotto al cappello
c’era l’apice del giorno senza pioggia o comete
coi resti degli animali esplosi ridotti in cenere
ai margini bestiali dei marciapiedi
c’era la malattia in un letto magro
ancora parecchio inchiostro da liberare
la rivoluzioni dei fantasmi lì nel buio
la paura del ladro del mattino
attraverso il neon azzurro
lei s’era scritta questa lista
e molte altre cose tra le costole rosablu
perché tendeva a dimenticare ogni cosa
ma aveva imparato ad aspettare quel rumore
il latrato sonnambulo era venuto a divorarla
così lei si nascondeva
ma a tentoni, il cane colpiva alle tre
cinque passi sotto al suo letto
roteando intorno al pallore invernale
e così
in questo modo oscuro e umido
al centro della foresta
accadeva, di notte
l’irripetibile existence