Avete riposto il fucile
e portato le coperte alla mente
lasciato la finestra alla sua oggettività
e gli oggetti a galleggiare tangibili
intorno all’iperuranio del vostro
lamento da poeti
Come fate a resistere
e a non essere morti,
il gatto cereonero mi fissa
ed esiste tra le piante verde persiano
e sotto le finestre filippine
che sono effettive e così sconosciute
Come fate a non tremare
e a non piangere tutta la vernice defunta in città
i pali della luce i rami biechi
come potete continuare ancora
a seguire le sue gambe da ragno
mentre vi tende tranelli da vomito
e vi lascia soli a buttar giù dagli occhi la rete del letto
l’armadio rosso la scopa sulla porta
Come potete non sentire
che è finita, che bisogna scovarla
sul suo patibolo la sera nel parco
che bisogna sfilarle il cappio dalla lunga gola
e affrescare le pareti bibliche del suo sacrificio
Come potete darvi a lei
e credere che sia vera, se vi ha tumulato le dita
e inchiodati come poster logori sulla faccia deforme della realtà
lasciandovi storditi in una camera in affitto
a fissare la finestra dal quale Po-e-sia è volata sui palindromi
e ha sdoppiato la sua immagine da gatto
e accartocciato le guerre e ricapitolato la sua presenza oscura ogni notte
attraverso le fessure dell’armadio lucido e nel fantasma del fucile sulla porta
e ai piedi del letto,
dove mantenete a stento vivi i suoi tetri frutti.