da “Canzoni di cortese villania”

Mi scapicollo per viuzze leggere  

        a rotta di sasso verso un altrove,

        in piena discesa fino alle nuove

       viste che occultano il quieto terziere.

Scheletrici pilastri di un cantiere

        mai avviato, sfregiano il cielo fin dove 

        puoi toccarne il dolore. Per ben nove

        lune ne ho custodito il forziere

anzi, lunaire, cercavo Malvine

        in ogni sua minor costellazione;

        e nelle umide alcove, e nel beffardo

balzello del sole sulle colline;

        nel tempo, e nel suo mutar direzione.

        Forse in tempo per squagliarne il ricordo

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