Da “La zona rossa” di Raffaele Castelli Cornacchia – Edizioni Transeuropa

Prima della peste

Fossi femmina spruzzerei latte
nessun rito, ma spazio alla routine
la sopravvalutazione dei baci
quelli di prima che ora non mi dai
talvolta siccità oppure pioggia
un vespaio d’insetti nel cilindro
dell’ospedale della mia casa
del ricordo del brulicare sordo
giù nella strada prima della peste.

Sto con me stesso, o senza me stesso
solo un fiore, la calma la muove
nell’attesa di chi mi sta cercando
nella distanza perfetta mi trovo
morto o vivo non fa differenza
se perdo il tempo ad attendere
che tutto cambi per farsi uguale
che un tratto lieve tracci il nuovo
con solo una luce al mio fianco.

Allora se proprio devo vivere
lasciatemi vocali stalattiti
e le consonanti acuminate
rivoli verdi sui suoi seni
e il ventre, sì, un poco stracciato
e tutte le debolezze intatte
e le perle, della nostra apnea
fatta di polmoni indeboliti
e cieli sotto sforzo. Inquinati.

 

Un vestito svolazza breve i tacchi

A nuotare vino o sangue
un dirupo la nostra giovinezza
che a strapiombo si tuffa nel mare
romantico al tramonto, da soli
controlliamo nello specchio le vene
nella trasparenza del corpo, rughe
che trattengono qualcosa di ieri
come quel sorriso o quel capriccio.
Ancora da premiare, o punire.
Per l’essercelo goduto il tempo
a letto con noi o senza noi
in quel vestito di seta leggera
e i tacchi inutilmente alti.
Poi, con i pensieri fatti stranieri
tastiamo nel buio tutte le strade
che ormai s’aprono brevi. Lo fanno
ancora, sangue della giovinezza.

 

Bella faccia

Raccogli lo sterco che ti circonda
senza che dicano hai scritto bene
senza ironie sulla metrica
sul contagio delle abitudini
o sul modo di guidare un’auto
così, senza purezza nelle membra.
E cancellale tutte quelle facce
tutte quelle maschere di bellezza
domiciliate in sguardi preziosi
visto che, parliamoci chiaramente
non è il loro sguardo che ti serve.
Quello che ti serve è quella fiamma
quel vapore che sale dalle note
che puoi ascoltare ad occhi chiusi
se per fortuna qualcuno ti legge.
E chissà, se ce la vedi l’anima
nella voce affilata nell’ombra
e dissolta nel suo imbrunire.
Nei parcheggi dei centri commerciali
e non oltre i muri di un regno.
Dove tutto s’adombra, bella faccia

 

L’amore tutto d’un fiato, d’amare

Luna e Sole alti nell’indaco
tre cifre di nanometri di cielo
e altre metafore insinuanti
ma, peserà l’amore, ora, perché
cosa fa l’amare, lima la pelle
a qualcuno gli corruga la scorza
lo sradica di fuori dalla terra
rinvigorendolo, logorandolo
per detto o per averlo provato
indomito o vassallo ci cadi
lavi e ritinteggi l’apparenza
tenti lettere che non spedirai
umilierai la testa fra le ginocchia
e persuaso, vedrai l’invisibile
e ti addestrerai con fervore
spoglierai tutte le parentesi
ambirai a moltiplicarti e
barattando una pasqua lieve
pagherai l’amato estinguerti
ma, ugualmente, conterà l’amore
o sarà soltanto quell’egoismo
quell’ipocrisia di amor proprio
che incede con potenti falcate
perché il dubbio, come una crepa
nel fraterno sentimento penetra
l’amore tutto d’un fiato, d’amare.

 

Raffaele Castelli Cornacchia vive a Brescia dove fa l’insegnante. Ha scritto i monologhi teatrali Un esodo per gioco e Centocinquanta. Ha pubblicato il romanzo breve Il pacco di Durante (Robin Edizioni, Roma, 2006); i libri per piccoli lettori Gli abitanti di Colle Bianconero (EdiGiò, Pavia, 2013) e Le chiocciole di Amemì (EdiGiò, Pavia, 2015) dei quali è anche illustratore. Per la poesia è autore della silloge Sul ponte sconfinato di Limey che dà il nome all’omonima antologia (Lampi di stampa, Milano, 2008) e ha pubblicato i libri A meno che (Ennepilibri, Imperia, 2008), Via Milano (Lampi di stampa, collana Festival curata da Valentino Ronchi, Milano, 2012) e L’alfabeto della crisi (Italic-PeQuod, Ancona, 2013).

 

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