Ho una mano tesa sulla nuca
una metamorfosi atta a garantire
la parte presentabile di me.
Sono vero come le rappresentazioni
delle lampade sul soffitto
o come le ombre nella caverna
nella quale navigo a vista.
La ricetta per il mio sorriso
è un sorso che sorge
nel referto della solitudine.
Posso anche sterminare il mio indirizzo
perché è il risultato di un quesito
posto a mia insaputa.
Mangio e rigurgito l’affitto dell’io
facendo incetta d’essenza
nel salto apparso nell’ambito dell’es,
sopita lesione sul futuro.