solo mi faceva un po’ paura, compresa la maestra che a sette anni voleva mandarmi dallo psicologo perché ‘non è normale che un bambino scriva storie dell’orrore’.
- Dimenticami pure
Il tempo passa
e il cuore sogna
lune e notti
Dimenticami pure, scioglimi nel cuore
come un veleno caldo e apri le vele
ad un vento nuovo, al soffio lento
delle estati che mai ritorneranno.
Dimenticami e sogna, apri le porte
e la tua sorte al mondo ed al dolore,
alla tua rabbia vera ed al presagio
che tutto ciò che ama sarà inganno.
Dimentica e ricorda, che le parole
al bacio erano sabbia e la clessidra
ora è ormai da sola, un vuoto vetro
che nei giorni ha tolto tempo al cielo.
Dimenticami ed ama chi verrà dopo
di me a pregare le stagioni e il fiume,
a infrangere le brume e le pianure.
A piangere le lune e le luci delle fate.
Dimentica chi amava l’eterna notte nera.
≈≈≈
- Il respiro degli amanti
- Le tombe senza nome
- La città dei morti
- Il segno dell’oscuro
‘’Il dolore non ha mai vergogna, non sa,
non conosce le parole che si facevano largo
nella neve e nella pioggia, non ha desideri,
non ha traccia delle notti e delle albe lontane.’’
Lunghe quartine in versi sciolti. Ogni poesia introdotta da una terzina, un’intro a mo’ di preludio e sunto del discorso a venire.
Pezzi lenti, costruiti ‘in discesa’, un’arrampicata verso il basso attraverso vari stadi e riflessioni del/nel Sentire poetico che l’Autore sembra spesso guardare dall’esterno, con la consapevolezza di essere Testimone, e di avere il ruolo cardine di trasmettere.
Leggendo, inevitabili gli echi di memoria che conducono a William Blake, a Edgar Allan Poe, all’esistenzialismo kafkiano. Le tematiche trattate sottostanno a una narrazione poetica spesso dal ritmo prosastico, fitte di monologhi e meditazioni, di confessioni, di invocazioni ed evocazioni.
Il dire ‘altro’ del Poeta, che seziona spietatamente il corpo vivo di quello che, a uno sguardo poco attento, rassomiglia a un dolore cupo che risuona – con diverse tonalità e rifrazioni – nella partitura di ogni singolo pezzo: ma la riduzione al minimo termine di queste opere non renderebbe giustizia di quel che esse sono e recano, ovvero la Consapevolezza.
La Consapevolezza arcana e ineluttabile, antica di notti e pensieri, di quello che Montale definirebbe ‘’il mal di vivere’’; il realismo cosmico che esula dal più scabro pessimismo e che col mezzo della poesia, della vita che la parola contiene e tramanda, invita a guardare oltre, a guardare davvero.
‘Non fermarti’, dice il Poeta: ma trattiene con gesti minimi, elegante d’una discrezione, d’una tenerezza che paventa facilonerie, che si veste di versi- musica, che racconta e spiega moti e anime, e volti e passi:
‘’quando verso sera tornerà
la luna nel suo eterno giro
ti troverà distratta nel tuo sguardo
perso fra le nuvole e l’incanto
di un cerchio sulle labbra d’oro’’ (da Il Respiro degli Amanti)
E’ la sapienza timida e semplice di chi ha ‘’attraversato gli oceani del tempo’’ (come il Dracula di Stoker, di cui rubiamo la citazione) e ne sa l’impatto, e vuole risparmiarne la potenza e la fatalità in chi legge ( e anche a se stesso) distillandola a gocce, con parsimonia, sotto forma di ricordo, celebrazione, monito.
Le ombre s’addensano su altri orizzonti, spesso fitti di luce tarlata: non qui, non in questi pezzi; qui non viene nascosto quanto di ferale, minaccioso, malinconico esiste e regna, ma viene reso con mestizia dolce – a tratti crudele, esasperata anche: come quando si parla a bassa voce in una stanza ove tutti gridano, e dapprima nessuno sente, poi si fa strada il silenzio e il dominio del sussurro – :
‘’Qui vicino scorre il fiume e oltre quella strada
il silenzio dei nostri ricordi ormai dispersi,
nessuna via che possa consolare il deserto
dei pensieri nudi che galleggiano nel vuoto’’ (da La Città dei Morti)
come a dire: Ricorda, Vivi, Insisti; non ora, non ieri, non domani: sempre, perché:
‘’I ricordi non lasciano lacrime alla nebbia,
qui il sapore dei giorni scorre ancora
senza gelo, senza il tremore e le paure
delle ultime sere abbandonate all’orizzonte’’ (da Le Tombe senza Nome)
anche se questo produce disincanti e dolori: è il Vizio di chi vive, quello di lasciare indietro le cose – e le cose spesso feriscono: ciononostante se ne cercano altre che forse feriranno in altri modi, eppure – eppure – qualcosa rimane: un’irresistibile malia, uno struggimento che stringe da dentro quando ci si volta per un istante indietro e si torna a respirare quella stessa aria migrando nella memoria, che non ha tempo.
Il Poeta lo sa, lo sa e se ne duole, e spunta le armi della Consapevolezza mostrando le proprie, allentando catene già recise perché anche il Ricordo e la Dimenticanza divengano liberi, perché in fondo, sembra voler dire, chi s’è amato verrà amato per sempre:
‘’Dimenticami ed ama chi verrà dopo
di me a pregare le stagioni e il fiume,
a infrangere le brume e le pianure.
A piangere le lune e le luci delle fate.’’ (da Dimenticami pure)
I fasti e le strida della superficialità più mondana appartengono a visioni che il Poeta non contempla, che tuttavia osserva con occhio cauto, distanziandosene per meglio comprendere: ché nella comprensione c’è difesa e riparo, esattamente come nel Ricordo,o in quella Consapevolezza raffinata e gentile che mostra e cela le Cose, un po’ come l’Ironia,o come le ombre del tardo meriggio, quando ci si posa dalla giornata e si resta soli: ed è dolceamaro rivelarsi, trovarsi, raccontarsi, tenendo la luce spenta, e il corpo a riposo.
‘’Forse è solo il rantolo del buio
a perdere ogni traccia di lamento
e dentro al gesto del ricordo
fra tutte le tracce senza tempo’’ (da Il Segno dell’Oscuro)
2 Comments
Ed io è dai tempi di Scrivi che ti leggo , e non mi stanco di farlo. Inoltre tutto ciò che hai espresso nella tua biografia è in sintonia con il mio pensiero.
Continua così Stefano.
Un inciso: il ritratto qui pubblicato farebbe invidia a Caravaggio.
Leggo da poco tempo le poesie dai siti, ma le tue lasciano tracce infinite, stupende