Terra nella terra (di Hasan Atiya Al Nassar)

hasan

 

 

http://www.deapress.com/culture/letteratura/14774-edizioni-dea-hasan-atiya-al-nassar.html

 

(da Il labirinto)

 

 

Avevi tagliato i fili dell’acqua

lontano dalla nostra tenda.

Eravamo stanchi.

Non abbiamo mangiato niente,

non abbiamo visto da lontano una mela,

era tua. Ma perché ci hai messo nel fuoco

del peccato?

Ci conosci?

Ma perché hai inchiodato i nostri corpi

come i trofei degli sconfitti o dei vincitori?

Hai appeso le fanciulle tra i maschi

e le femmine

sugli alberi in fiore, mele fresche.

 

 

Perché figlio d’Adamo nella guerra galleggiavi

come gli specchi, come calici volanti, vuoti?

In quel momento mio padre cercava

gli occhiali

o quelli di suo padre.

Dalla finestra agli ultimi corpi

cercava pietre delle vecchiette. Erano cieche,

vedove con camicie nere e bianche.

 

 

O figlio di Adamo, il nemico sta pregando

d’inverno la tempesta o la spiaggia.

Aveva donato del pane, un sasso agli amici,

che non hanno dormito sulla sabbia.

 

 

Violento eri durante la guerra,

figlio di Adamo, eri rivestito di nebbia

e imbracciavi un mitra.

 

 

Tu indossavi gli abiti delle donne uccise.

Non hai pensato al guanciale,

non hai pensato alla nudità delle ragazze?

Non hai pensato alla tazza di tè;

hanno le essenze

della tua terra.

 

 

Perché non porti una volta la mappa del nord,

una volta la mappa del sud?

Tu non comprendi la mappa del tuo cammino,

la vita di un contadino senza terra.

Mai c’era un lottatore contro i rami senza coltello.

Era un beduino o un mulo senza fardello.

Perché ci odi figlio di Adamo?

Non abbiamo occupato una casa di vetro,

ma amiamo il paese che ci ha amato e il paese

che ci ha odiato.

Le donne sono spada del tradimento.

Ma loro hanno castelli tratti dalle nostre costole,

castelli d’aria.

Abiterai anche tu figlio di Adamo?

Perché ci odia?

Cammina verso la nostra tenda,

abbiamo verdura fresca e pane,

pane di grano.

 

 

Possiamo amare la donna,

quella rimasta sveglia per me o per te.

Non abbiamo prigionieri o assassini.

Sono ospiti,

cantano la luce della luna smarrita.

 

 

Le scie di pesci

che dormono nelle acque,

tra le canne e le alghe.

Siamo lieti quando vieni,

non siamo sulla terra cieca.

 

 

Perché ci uccidi, figlio di Adamo?

Non torturarci nel tuo regno vasto,

bevi con noi il tuo caffè, il liquido rosso.

 

 

Ti diremo, figlio di Adamo:

siano nati poveri orfani

e poi ci hai mandato nel campo di battaglia.

Non attaccare le nostre teste,

tutte le nostre parole.

I nostri corpi ti somigliano

e ci somigliano.

Avevi sbagliato figlio di Adamo.

Mio padre mi dice: taglia con il coltello

prima che il coltello ti tagli.

 

 

Nella notte cieca o visto

generali versare cadaveri

nei calici amari, con il ghiaccio.

Cosa dobbiamo fare, figlio di Adamo?

Pensa la nostra memoria

Siamo stati costretti a cantare

dietro il palazzo di vetro,

il palazzo dei tuoi uomini,

sulla soglia degli abissi.

 

 

Tornano le spose, sono belle, figlio di Adamo.

Un’ altra volta tu hai sbagliato nel silenzio.

Non abbiamo detto: siamo schiavi della notte.

Io adoro le donne, la poesia, l’acqua.

Severo con l’uomo severo

nel mio corpo.

Possono distruggerlo

le ali delle farfalle.

Ma come possono entrare il mare e il fuoco,

campi di soldati e militari.

Non inchiodare le nostre teste,

figlio di Adamo.

Vieni al pozzo d’acqua

dove beviamo con le mani.

 

 

Non abbiamo dei prigionieri,

ma solo ospiti.

Amano gemiti, pianti, canti.

Tu sei straniero con noi?

Perché ci odi, io sono forestiero da te.

Vieni, entra nella nostra tenda.

C’è la verdura, una pagnotta calda

di orzo, acqua di pozzo.

La beviamo con le mani.

Non abbiamo prigionieri,

sono fratelli, ospiti nella stanchezza

o nella rabbia o anche nella febbre.

Per loro abbiamo fatto una casa nel deserto,

un campo, una luna.

Il dio notturno non ci ha guardato.

Eravamo in autunno, un’arancia morta, legno, silenzio.

Abbiamo allontanato il coltello, figlio di Adamo.

 

 

Figlio di Adamo,

abbiamo voluto seppellire gli uccisi.

Sono come noi, sono venuti dall’oceano Pacifico.

Erano stranieri.

Si lavano la notte con le lacrime

prima del sorgere del sole.

Noi siamo venuti con sogni somiglianti

ai lenzuoli freddi.

O come una lacrima prima di cadere dall’occhio.

 

 

Noi siamo venuti nudi

per combattere gli assassini

e la povertà.

Perché ci odi, figlio di Adamo?

Ma nel mio cuore c’è il paese che ho amato

e il paese che ho odiato.

Tu hai sgarrato o hai sbagliato.

Ha sofferto quest’anima tanto

dove aveva una volta il riposo.

 

 

Sii ricco in clemenza sulla terra con noi

prima di torturarci nell’ultimo giorno.

Scusa, perdonami, perché io vivo una volta,

muoio una volta, chiedo clemenza,

figlio di Adamo.

Io sono io,

tu no.

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